domenica 28 giugno 2009

domenica 21 giugno 2009

Il Santo Curato d'Ars

Parole di Giovanni Maria Vianney sul Sacerdote

Se avessimo fede, vedremmo Dio nascosto neL sacerdote come una luce dietro il vetro, come il vino mescolato all'acqua.Quando iL sacerdote è all'altare o sul pulpito, dobbiamo guardarlo come se fosse Dio stesso.Quanto è grande il sacerdote! Se egli si comprendesse, morirebbe. .. Dio gli ubbidisce: dice due parole e Nostro Signore scende dal cielo.Se non vi fosse il sacramento dell'Ordine non avremmo Nostro Signore. Chi è che lo ha messo la, nel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto l'anima nostra al suo ingresso nella vita ? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per l'ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E se quest'anima viene a morire, chi la risusciterà, chi le renderà la calma e la pace? Ancora il sacerdote...Dopo Dio, il sacerdote è tutto!... Lui stesso non si capirà bene che in cielo".

"Se comprendessimo bene che cos’è un prete sulla terra, moriremmo: non di spavento, ma di amore... Senza il prete la morte e la passione di Nostro Signore non servirebbero a niente. È il prete che continua l’opera della Redenzione sulla terra... Che ci gioverebbe una casa piena d’oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti: è lui che apre la porta; egli è l’economo del buon Dio; l’amministratore dei suoi beni... Lasciate una parrocchia, per vent’anni, senza prete, vi si adoreranno le bestie... Il prete non è prete per sé, lo è per voi".

Solo in cielo si comprenderà la felicità di celebrare la messa.

Il sacerdote non è sacerdote per sé. Non può assolvere se stesso. Non può amministrare i sacramenti a se stesso. Egli non è per se stesso: è per voi.Non sarebbe male se un sacerdote morisse a forza di fatiche e di pene sopportate per la gloria di Dio e la salvezza delle anime.

IL PAPA SUL SACERDOZIO

I sacerdoti devono essere “esperti” di Dio.

Si può riassumere così, in estrema sintesi, il magistero di Benedetto XVI su tutto ciò che riguardail ministero dei presbiteri nella Chiesa. Nei suoi oltre quattro anni di Pontificato, il Papa ha più volte parlato dell’identità dei sacerdoti nell’epoca contemporanea e una più organica e approfondita riflessione sarà al centro dell’Anno sacerdotale, che inizierà ufficialmente venerdì prossimo, con i Secondi Vespri presieduti nella Basilica di San Pietro da Benedetto XVI nella solennitàdelSacroCuore di Gesù.
Chi va a Messa, si inginocchia in un confessionale, chiede un consiglio spirituale incontra un sacerdote ma in realtà vuole incontrare Cristo e vuole ascoltare la voce di Dio. E’ questa la semplice e insieme altissima missione di un prete. Essere un volto dietro il quale si intuisce un altro Volto, pronunciare parole che siano la Parola. Da questa straordinaria responsabilità, che esula da qualità solo umane, discende tuttavia che proprio l’umanità di un sacerdote sia continuamente modellata sulla divinità del Sacerdote per eccellenza, Cristo. Il magistero di Benedetto XVI è imperniato su queste convinzioni, riproposte in tutte le occasioni che fin qui hanno permesso al Papa di esprimersi su questo tema e in qualche modo preparare l’Anno sacerdotale. E’ evidente che se un prete, con la zavorra dei suoi limiti e la grazia del suo stato, è chiamato a misurare ogni giorno la propria vocazione che con il metro della santità - né più né meno vuol dire essere “un altro Cristo” - ciò che conta per lui è anzitutto un sistematico esame di coscienza. Il Papa ne ha tracciato uno pubblico, ad alta voce, durante la Messa Crismale di quest’anno. Nove domande, stringenti, un distillato di schiettezza spirituale:

“Siamo veramente pervasi dalla parola di Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto non lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di questa parola al punto che essa realmente dà un’impronta alla nostra vita e forma il nostro pensiero? O non è piuttosto che il nostro pensiero sempre di nuovo si modella con tutto ciò che si dice e che si fa? Non sono forse assai spesso le opinioni predominanti i criteri secondo cui ci misuriamo? Non rimaniamo forse, in fin dei conti, nella superficialità di tutto ciò che, di solito, s’impone all’uomo di oggi? Ci lasciamo veramente purificare nel nostro intimo dalla parola di Dio?”

E’ evidente la spinta che il Pontefice imprime verso l’alto. Il sacerdote, osserva in quella stessa circostanza, è un uomo “sottratto alle connessioni mondane e donato a Dio”. E la meta finale di questo percorso è l’oggetto stesso per cui Benedetto XVI ha deciso di proclamare un Anno dedicato ai sacerdoti: favorire in loro la “tensione verso la perfezione spirituale”, come afferma il 9 marzo scorso quando ne dà l’annuncio davanti alla Congregazione per il Clero. Del resto, aveva obiettato il 25 maggio 2006 durante il suo viaggio in Polonia:

Dai sacerdoti i fedeli attendono soltanto una cosa: che siano degli specialisti nel promuovere l’incontro dell’uomo con Dio. Al sacerdote non si chiede di essere esperto in economia, in edilizia o in politica. Da lui ci si attende che sia esperto nella vita spirituale (…) Siate autentici nella vostra vita e nel vostro ministero. Fissando Cristo, vivete una vita modesta, solidale con i fedeli a cui siete mandati. Servite tutti; se vivrete di fede, lo Spirito Santo vi suggerirà cosa dovrete dire e come dovrete servire”.
Dunque, sguardo sempre rivolto a Dio e quindi rivolto all’umanità. Il sacerdote vive tra due mondi, ma il Papa è sempre molto realista quando si tratta di valutare l’impatto delle cose della terra sull’anima del prete, che deve essere proiettata verso il cielo. Per questo, dice durante la Messa Crismale del 2008:
“Il sacerdote deve essere uno che vigila. Deve stare in guardia di fronte alle potenze incalzanti del male. Deve tener sveglio il mondo per Dio. Deve essere uno che sta in piedi: dritto di fronte alle correnti del tempo. Dritto nella verità. Dritto nell’impegno per il bene”.
I mezzi per la “perfezione” sono noti a ogni presbitero: Eucaristia, fedeltà a una preghiera profonda, formazione permanente. Il Papa ne parla quasi ogni settimana, quando le stanze della sua casa si riempiono di vescovi di tutto il mondo che vengono a raccontargli delle loro Chiese particolari. Ma è possibile fin qui individuare un concetto su tutti, il leit-motiv che - secondo Benedetto XVI - “fa” il sacerdote, come dichiara il 13 maggio 2005, nel tradizionale incontro con il clero romano:

Tutto ciò che è costitutivo del nostro ministero non può essere il prodotto delle nostre capacità personali (…) Siamo mandati non ad annunciare noi stessi o nostre opinioni, ma il mistero di Cristo e, in Lui, la misura del vero umanesimo. Siamo incaricati non di dire molte parole, ma di farci eco e portatori di una sola 'Parola', che è il Verbo di Dio fatto carne per la nostra salvezza”.

(Papa Benedetto XVI)

Anno Sacerdotale

Fedeltà di Cristo fedeltà del sacerdote”

è il tema dell’Anno Sacerdotale, annunciato da Papa Benedetto XVI, in occasione del 150° anniversario dalla morte del santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney.

Festa del SACRO CUORE

19 giugno 2009

È la solennità del Sacro Cuore di Gesù,
si celebra
la Giornata mondiale di preghiera per la santificazione dei sacerdoti
e oggi inizia l'Anno Sacerdotale voluto da Benedetto XVI.


Si chiede di pregare tutti, il Cuore divino di Gesù
per la santificazione dei sacerdoti.
Che il loro cuore possa avere il sigillo del Suo Cuore
e somigliare sempre più al Suo Cuore pieno di Mitezza e di Umiltà.




Cuore divino di Gesù, noi confidiamo e speriamo in Te!

GESU' GRAZIE!

domenica 14 giugno 2009

sabato 13 giugno 2009


La Santa Comunione non va tralasciata con leggerezza

Voce del Diletto
1. A questa sorgente della grazia e della misericordia divina, a questa sorgente della bontà e di ogni purezza devi ricorrere frequentemente, fino a che tu non riesca a guarire dalle tue passioni e dai tuoi vizi; fino a che tu non ottenga di essere più forte e più vigilante contro tutte le tentazioni e gli inganni del diavolo. Questi, il nemico, ben sapendo quale sia il beneficio e il rimedio grande insito nella santa Comunione, tenta in ogni modo e in ogni momento di ostacolare, per quanto può, le anime fedeli e devote, distogliendole da essa. Taluni, infatti, quando vogliono prepararsi alla santa Comunione, subiscono i più forti assalti del demonio. Lo spirito del male - come è detto nel libro di Giobbe (1,6; 2,1) - viene in mezzo ai figli di Dio, per turbarli, con la consueta sua perfidia, e per renderli troppo timorosi e perplessi, finché non abbia affievolito il loro slancio o abbia loro strappato, di forza, la fede: nella speranza che essi lascino del tutto la Comunione o vi si accostino con poco fervore. Ma non ci si deve curare per nulla delle sue astuzie e delle sue suggestioni, per quanto turpi e terrorizzanti, Su di lui bisogna ritorcere le immaginazioni che provengono da lui. Va disprezzato e deriso, quel miserabile. Per quanti assalti egli compia e per quante agitazioni egli susciti, la santa Comunione non deve essere tralasciata. Talora avviene che siano di ostacolo alla Comunione persino una eccessiva preoccupazione di essere sufficientemente devoti e una certa angustia dubbiosa sul confessarsi. Ma tu agisci secondo il consiglio dei saggi, tralasciando ansie e scrupoli, che costituiscono impedimento alla grazia divina e distruggono lo spirito di devozione. Non lasciare la santa Comunione, per ogni piccola difficoltà o stanchezza. Ma va subito a confessarti e perdona di cuore agli altri ogni offesa ricevuta; che se tu hai offeso qualcuno e chiedi umilmente scusa, il Signore prontamente avrà misericordia di te.


...Vieni Gesù, nel mio cuore...

2. Che giova ritardare tanto la confessione o rimandare la santa Comunione? Purificati al più presto; sputa subito il veleno; corri a prendere il rimedio: ti sentirai meglio che se tu avessi differito tutto ciò. Se oggi, per una piccola cosa, rinunci, domani forse accadrà qualcosa di più grave: così ti potrebbe essere impossibile per lungo tempo, la Comunione e potresti diventare ancora più indegno. Scuotiti al più presto dalla stanchezza e dall'inerzia, in cui oggi ti trovi: non serve a nulla restare a lungo nell'ansietà e tirare avanti nel turbamento, separandoti, in tal modo, per questi quotidiani ostacoli, dalle cose divine. Anzi è molto dannoso rimandare tanto la Comunione, perché ciò suole anche ingenerare grave torpore. Avviene persino - cosa ben dolorosa - che taluni, nella loro tiepidezza e leggerezza, accettino di buon grado questi ritardi della confessione, e desiderino di ritardare così la santa Comunione, proprio per non essere obbligati a una più severa custodia di sé. Oh!, come è scarso l'amore, come è fiacca la devozione di coloro che rimandano tanto facilmente la Comunione. E come è felice e caro a Dio colui che vive in modo da custodire la sua coscienza in una tale limpidezza da essere pronto e pieno di desiderio di comunicarsi anche ogni giorno, se gli fosse consentito e se potesse farlo senza essere criticato. Se uno qualche volta si astiene dalla Comunione per umiltà, o per un giusto impedimento, gli va data lode, a causa del suo rispettoso timore. Se invece fa questo per una sorta di torpore, che si è insinuato in lui, deve scuotersi e agire, quanto gli è possibile: il Signore aderirà al suo desiderio, grazie alla buona volontà, alla quale Dio guarda in modo speciale

(dall' Imitazione di Cristo)

lunedì 8 giugno 2009

VOCAZIONI


“ Pregate il padrone della messe che mandi operai!”

“Pregate il padrone della messe che mandi operai!”. Ciò significa: la messe c’è, ma Dio vuole servirsi degli uomini, perché essa venga portata nel granaio. Dio ha bisogno di uomini. Ha bisogno di persone che dicano: Sì, io sono disposto a diventare il Tuo operaio per la messe, sono disposto ad aiutare affinché questa messe che sta maturando nei cuori degli uomini possa veramente entrare nei granai dell’eternità e diventare perenne comunione divina di gioia e di amore.
“Pregate il padrone della messe!”. Questo vuol dire anche: non possiamo semplicemente “produrre” vocazioni, esse devono venire da Dio. Non possiamo, come forse in altre professioni, per mezzo di una propaganda ben mirata, mediante, per così dire, strategie adeguate, semplicemente reclutare delle persone. La chiamata, partendo dal cuore di Dio, deve sempre trovare la via al cuore dell’uomo. E tuttavia: proprio perché arrivi nei cuori degli uomini è necessaria anche la nostra collaborazione. Chiederlo al padrone della messe significa certamente innanzitutto pregare per questo, scuotere il suo cuore e dire: “Fallo per favore! Risveglia gli uomini! Accendi in loro l’entusiasmo e la gioia per il Vangelo! Fa’ loro capire che questo è il tesoro più prezioso di ogni altro tesoro e che colui che l’ha scoperto deve trasmetterlo!”.

Noi scuotiamo il cuore di Dio. Ma il pregare Dio non si realizza soltanto mediante parole di preghiera; comporta anche un mutamento della parola in azione, affinché dal nostro cuore orante scocchi poi la scintilla della gioia in Dio, della gioia per il Vangelo, e susciti in altri cuori la disponibilità a dire un loro “sì”. Come persone di preghiera, colme della Sua luce, raggiungiamo gli altri e, coinvolgendoli nella nostra preghiera, li facciamo entrare nel raggio della presenza di Dio, il quale farà poi la sua parte. In questo senso vogliamo sempre di nuovo pregare il Padrone della messe, scuotere il suo cuore, e con Dio toccare nella nostra preghiera anche i cuori degli uomini, perché Egli, secondo la sua volontà, vi faccia maturare il “sì”, la disponibilità; la costanza, attraverso tutte le confusioni del tempo, attraverso il calore della giornata ed anche attraverso il buio della notte, di perseverare fedelmente nel servizio, traendo proprio da esso continuamente la consapevolezza che - anche se faticoso - questo sforzo è bello, è utile, perché conduce all’essenziale, ad ottenere cioè che gli uomini ricevano ciò che attendono: la luce di Dio e l’amore di Dio.
tratto da Flos Carmeli

sabato 6 giugno 2009