lunedì 29 dicembre 2008

Il suo nome è, MARIA


Come il nome « Gesú » che significa « Salvatore » esprime tutto l'es­sere e tutta la missione di Gesú; cosí il nome di Maria esprime tutto l'essere e tutta la missione di Maria.

Come fu Dio stesso che per mezzo dell'Angelo disse a Maria il nome che doveva mettere al suo figlio, cosí fu Dio stesso che ispirò ai genitori di Maria il nome da mettere alla figliuola. Maria significa:

1. Signora
Infatti Maria era destinata da Dio ad essere la signora e la regina della terra e dei cieli.
La creatura piú grande, piú bella, piú buona, piú potente dei cieli e della terra.
Dice san Bernardo: « Dio volle che noi avessimo tutto per mezzo di Maria ».

2. Mare
Il mare dà il senso della grandezza e dell'immensità.
Perché Dio si incarnasse occorreva una creatura capace di potere in qualche modo contenere l'infinito. Tale punto non poteva essere che un cuore e un'anima totalmente puri, totalmente aperti a un amore smisurato, totalmente vuoti di sé, di ogni egoismo e di ogni superbia cosí da venire totalmente riempiti dall'infinito Iddio.
Non bastava che Dio avesse creato questa creatura eccezionale; occorreva contemporaneamente che questa specie di contenitore purissimo e smisurato si aprisse da sé verso il sole divino e si svuo­tasse di se stesso.
Il mare è la sorgente della vita. In esso nascono i primi viventi. Da esso evaporano le acque che si condensano in nubi e fecondano con le piogge la terra; per le piogge si formano le sorgenti e i fiumi che dissetano i viventi e irrorano la terra. Senza i mari tutta la terra sa­rebbe un deserto.
Maria è la sorgente della vita che è Gesù; per mezzo di Maria Gesú viene nel mondo e nelle singole anime a portarvi la vita soprannatu­rale.
Per mezzo di Maria vengono a noi tutte le grazie sia materiali che spirituali, sia riguardanti questa vita, sia, soprattutto, riguardanti la vita eterna, sia riguardanti i singoli uomini, sia riguardanti l'umanità e la storia.
Senza Maria diverrebbero un deserto sia la terra, sia il paradiso.

3. Amara
Il cuore di Maria è come un mare immenso di amarezza. Questa amarezza le viene, come in Gesú, dalla passione di Gesú, dalla visione di tutti i peccati e di tutte le sofferenze degli uomini e soprattutto dalla dannazione eterna di una moltitudine di uomini che pure sono suoi figli.
Per questo la Chiesa le mette in bocca queste parole della Bibbia: «O voi tutti che passate per la via, fermatevi e vedete se vi è un do­lore simile al mio dolore» (Lam. 1, 12).

mercoledì 24 dicembre 2008


Carissimi fratelli e sorelle che siete di passaggio in questo blog...vogliamo chiedere in questa notte Santa al piccolo Bambino di Bethlemme che ci benedica tutti e ci doni la grazia di poterLo amare teneramente, come ci ama Lui. Amen


Un caro Augurio di Gioia e di Pace


"Piccole Figlie di Maria di Nazareth".

sabato 20 dicembre 2008

giovedì 18 dicembre 2008

NATALE


Natale senza il Bambino Gesu?

E' di nuovo Natale. Una notte santa senza Maria, che è stata assunta in cielo. Senza Giuseppe, che è morto da quasi duemila anni. Senza i canti degli angeli, perchè nel fratempo lo spazio è stato riservato ai missili e ai satelliti. Senza il bue e l'asino, che non si confanno più al nostro tempo completamente motorizzato. Senza pastori nei campi, perchè ormai soltanto i soldati durante le manovre e gli scioperanti nelle città pernottano all'aperto. Insomma, nessuna festa natalizia tradizionale. Soltanto la povertà e il freddo ci sono ancora...Ed Erode che vuole uccidere il bambino. Se ancora c'è qualche bambino..
Mancherà anche Gesù in questo oscuro tempo tutto proteso verso i consumi? Mentiranno i presepi, quando faranno vedere ai bambini il Bambino Gesù? Cristo nascerà veramente in questo squallore?
Ciò dipende da noi! Siamo noi la porta attraverso la quale Cristo entra nel mondo.
Dobbiamo prendere il posto di Maria. Dobbiamo accogliere Gesù e portarLo nel nostro cuore, in modo che egli diventi il cuore della nostra vita. Allora il suo amore, la sua bontà la sua misericordia verso gli uomini risplenderanno attraverso di noi come una luce sul mondo. Allora Egli sorriderà attraverso i nostri occhi. Allora conosolerà con il nostro amore. Allora la sua vita libertrice irradierà da noi, adesso e qui, per l'umanità disperata di questo tempo.
Ma se i nostri occhi sono freddi e duri, se le nostre mani rimangono chiuse come pugni, se in noi non abita l'amore, noi togliamo a Cristo la possibilità di mostrarsi. Allora siamo noi a impedire che attorno a noi si faccia Natale.
Padre Lardo "Mendicante per Dio"

IO SONO LA LUCE..



La luce
Giuseppe Pellegrino

La luce guardò in basso
e vide le tenebre:
"Là voglio andare" disse la luce.

La pace guardò in basso
e vide la guerra:
"Là voglio andare" disse la pace.

L' amore guardò in basso
e vide l'odio:

"Là voglio andare" disse l' amore.

Così apparve la luce
e inondò la terra;

così apparve la pace
e offrì riposo;

così apparve l' amore
e portò la vita.


"E il Verbo si fece carne
e dimorò in mezzo a noi".

BUON NATALE

lunedì 15 dicembre 2008

AUGURI di BUON NATALE

Oggi, mentre le nostre tavole sono imbandite di tante prelibatezze...
Oggi, mentre ci affanniamo per trovare un bel regalo per l'amico, il fidanzato ..
Oggi, in tante parti del mondo, GESU' è ancora nel "piccolo bambino" nudo, affamato, sofferente...

NON POSSIAMO FESTEGGIARE IL NATALE
senza pensare a Gesù che si nasconde in questi piccoli.
Non possiamo sentirci con la coscienza a posto...

Tutti possiamo fare qualcosa, perchè tutti possiamo donare qualcosa...

ANCHE UNA SEMPLICE PREGHIERA !!!
Prega e ringrazia Dio per tutti i beni ricevuti.

CARO FRATELLO
adesso posso augurarti

BUON NATALE!!

African Children

IL DIGIUNO che fa fiorire la GIUSTIZIA nel mondo



"Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi.
Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso.
E' forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l'uomo si mortifica?
Forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore.
Non è piuttosto questo il digiuno che voglio:
dividere il pane con l'affamato, introdurre in casa i miseri senza tetto,
vestire uno che vedi nudo?
Allora la tua luce sorgerà come l'aurora.
Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà.
Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà;
implorerai aiuto ed Egli dirà:

"Eccomi!"

Se toglierai di mezzo a te l'oppressione, il puntare il dito
e il parlare empio, se offirai il pane all'affamato,
se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio".
(Isaia 58, 4-10)


Le parole del profeta Isaia sono molto chiare: il digiuno che il Signore desidera non consiste nel privarsi di qualcosa e farlo sapere a tutti, m a nel condividere il cibo con l'affamato, nel dare ospitalità a chi è senza casa, nell'offrire un vestito a chi non ne ha.
Un digiuno così fa fiorire la GIUSTIZIA nel mondo!



EQUA DISTRIBUZIONE DEI BENI

Nel mondo oggi si parla tanto di equa distribuzione dei beni della terra al fine di una "uguaglianza" in modo che non ci sia nè ricco, nè povero. Chiaramente vuol dire: chi ha di più, dia a chi ha di meno e ciò per far "giustizia" riguardo a ciò che si possiede.

...Bisogna in poche parole "rendere" al più povero ciò che gli "appartiene". La parola rendere non significa "dare", ma significa "restituire". Dio potrebbe in qualche modo dirci: se dividete le ricchezze non è che fate qualcosa di eroico, ma date ciò che è giusto.
Un Padre infatti non fa differenze fra i suoi figli, ma dà equamente.


"BEATI QUELLI CHE HANNO FAME...

PERCHE' SARANNO SAZIATI"


"Per conoscere i poveri- diceva don Mazzolari- non basta neppure l'amore di chi si mette concretamente e generosamente a loro disposizione. Per conoscere veramente i poveri, per parlarne con competenza, bisognerebbe conoscere il mistero di Dio, che li chiama "beati" riservando loro il suo regno. Se vedo me stesso non posso vedere il povero: se vedo Gesù non posso non vedere il povero... Quella dei poveri, come quella di Dio, è una presenza scomoda. Sarebbe meglio che Dio non fosse; sarebbe meglio che i poveri non fossero: poichè se Dio c'è, la mia vita non può essere la vita che conduco..Non è il fatto che ci siano dei poveri che fa paura, ma che esistano degli uomini, dei fratelli che non li vogliono vedere".

Preghiera



Ho dato un pane a un povero.
Credevo d’esser stato caritatevole
invece era giustizia,
perché io ho tanto pane e lui ha fame.
Ho guidato un cieco per un tratto di strada:
mi sentivo buono invece era giustizia,
perché io ci vedo e lui no.
Ho regalato un abito usato
ad una bimba vestita di stracci.
Credevo d’essere stato generoso
invece era convenienza:
glielo ho dato per disfarmene,
non mi serviva più.
Ho dato dei soldi a un mendicante.
mi sentivo a posto invece era ingiustizia,
perché aveva bisogno anche di un gesto
di attenzione.
Signore Gesù, aiutami a far fiorire
la giustizia e a donare a Te
e ai fratelli non solo le briciole della mia giornata
e dell’amore che Tu mi doni, ma tutto me stesso.
Amen.

mercoledì 10 dicembre 2008

La Comunione Eucaristica


Quale gioia per un cristiano che ha la fede, che, alzandosi dalla santa Mensa, se ne va con tutto il cielo nel suo cuore! ... Ah, felice la casa nella quale abitano tali cristiani!... quale rispetto bisogna avere per essi, durante la giornata. Avere, in casa, un secondo tabernacolo dove il buon Dio ha dimorato veramente in corpo e anima!. . .
- Forse, mi direte ancora: se questa felicità è così grande, perché dunque la Chiesa ci dà il comandamento di comunicarci una volta ogni anno?
- Questo comandamento non è fatto per i buoni cristiani, esiste soltanto per i cristiani pusillanimi e indifferenti verso la salvezza della loro povera anima. Agli inizi della Chiesa, la più grande punizione che si poteva imporre ai cristiani era di privarli di tale felicità; ogni volta che avevano la gioia di assistere alla santa Messa, avevano la gioia di comunicare. Mio Dio!,
possibile che dei cristiani rimangano tre, quattro, cinque e sei mesi, senza dare questo nutrimento celeste alle loro povere anime? La lasciano morire di inedia!... Mio Dio!, che guaio e quale accecamento!... avendo tanti rimedi per guarirla e un cibo così adatto a conservarla in salute! . . .
La Chiesa, vedendo quanto già i cristiani perdevano di vista la salvezza delle loro povere anime, sperando che il timore del peccato facesse loro aprire gli occhi, dette loro un comandamento che li obbligava a comunicarsi tre volte all'anno, a Natale, a Pasqua e a Pentecoste. Ma in seguito, vedendo che i cristiani diventavano sempre più insensibili alla loro disgrazia, la Chiesa ha finito per non obbligarli più ad avvicinarsi al loro Dio, tranne una volta all'anno. O mio Dio!, che disgrazia e quale accecamento che un cristiano sia obbligato a mezzo di leggi a cercare la sua felicità!


dagli scritti del Santo Curato d' Ars
(Omelia per la VI domenica dopo Pentecoste)

LE MANI DEL SACERDOTE


Chi è che ci prepara l’Eucaristia e ci dona Gesù? È il Sacerdote. Se non ci fosse il Sacerdote, non esisterebbero né il Sacrificio della Messa, né la S. Comunione, né la Presenza Reale di Gesù nei Tabernacoli.
E chi è il Sacerdote? È l’“Uomo di Dio” (2 Tim. 3, 17). Difatti, è solo Dio che lo sceglie e lo chiama da mezzo agli uomini, con una vocazione specialissima (“Nessuno assume da sé questo onore, ma solo chi è chiamato da Dio”: Ebr. 5, 4), lo separa da tutti gli altri (“segregato per il Vangelo”: Rom. 1, 1), lo segna con un carattere sacro che durerà eternamente (“Sacerdote in eterno”: Ebr. 5, 6) e lo investe dei divini poteri del Sacerdozio ministeriale perché sia consacrato esclusivamente alle cose di Dio: il Sacerdote “scelto fra gli uomini è costítuito a pro’ degli uomini in tutte le cose di Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati” (Ebr. 5, 1-2).
Con la Sacra Ordinazione il Sacerdote viene consacrato nell’anima e nel corpo. Diviene un essere tutto sacro, configurato a Gesù Sacerdote. Per questo il Sacerdote è il vero prolungamento di Gesù; partecipa della stessa vocazione e missione di Gesù; impersona Gesù negli atti più importanti della redenzione universale (culto divino ed evangelizzazione); è chiamato a riprodurre nella sua vita l’intera vita di Gesù: vita verginale, povera, crocifissa. È per questa conformità a Gesù che egli è “ministro di Cristo fra le genti” (Rom. 15, 16), guida e maestro delle anime (Matt. 28, 20).
S. Gregorio Nisseno scrive: “Colui che ieri era confuso col popolo, diventa suo maestro, suo superiore, dottore delle cose sante e capo dei sacri misteri”. Ciò avviene ad opera dello Spirito Santo, poiché “non è un uomo, non un angelo, non un arcangelo, non una potenza creata, ma lo Spirito Santo quegli che investe del Sacerdozio” (S. Giovanni Crisostomo). Lo Spirito Santo configura l’anima del Sacerdote a Gesù, impersona Gesù in lui, di modo che “il Sacerdote all’altare opera nella stessa Persona di Gesù” (S. Cipriano), ed “è padrone di tutto Dio” (S. Giovanni Crisostomo). Non ci sarà da meravigliarsi, allora, se la dignità del Sacerdote viene considerata “celestiale” (S. Cassiano), “divina” (S. Dionisio), “infinita” (S. Efrem), “venerata con amore dagli stessi Angeli” (S. Gregorio Nazianzeno), tanto che “quando il Sacerdote celebra il Sacrificio Divino, gli Angeli stanno vicini a lui, e in coro intonano un cantico di lode in onore di colui che si immola” (S. Giovanni Crisostomo). E ciò avviene ad ogni S. Messa!
Sappiamo che S. Francesco d’Assisi non volle diventare Sacerdote perché si riteneva troppo indegno di così eccelsa vocazione. Venerava i Sacerdoti con tale devozione da considerarli suoi “Signori”, poiché in essi vedeva solamente “il Figlio di Dio”; e il suo amore alla Eucaristia si fondeva con l’amore al Sacerdote, il quale consacra e amministra il Corpo e Sangue di Gesù. In particolare, venerava le mani dei Sacerdoti, che egli baciava sempre in ginocchio con grande devozione; e anzi baciava anche i piedi e le stesse orme dove era passato un Sacerdote.
La venerazione per le mani consacrate del Sacerdote, baciate con riverenza dai fedeli, è da sempre nella Chiesa. Basti pensare che durante le persecuzioni, nei primi secoli, un oltraggio particolare ai Vescovi e ai Sacerdoti consisteva nell’amputare loro le mani, perché non potessero più né consacrare né benedire. I cristiani raccoglievano quelle mani e le conservavano come reliquie fra gli aromi. Anche il bacio delle mani del Sacerdote è una espressione delicata di fede e di amore a Gesù che il Sacerdote impersona. Più si ha fede e amore, più si è spinti a prostrarsi dinanzi al Sacerdote e a baciare quelle mani “sante e venerabili” (Canone Romano) fra cui Gesù si fa amorosamente presente ogni giorno. “O veneranda dignità del Sacerdote - esclama S. Agostino - nelle cui mani il Figlio di Dio si incarna come nel seno della Vergine!”. E il S. Curato d’Ars diceva: “Si dà un gran valore agli oggetti che sono stati deposti, a Loreto, nella scodella della Vergine Santa e del Bambino Gesù. Ma le dita del Sacerdote, che hanno toccato la Carne adorabile di Gesù Cristo, che si sono affondate nel calice, dove è stato il suo Sangue, nella pisside dove è stato il suo Corpo, non sono forse più preziose?”. Forse non ci abbiamo mai pensato, ma è così. E gli esempi dei Santi lo confermano.
La venerabile Caterina Vannini vedeva in estasi gli Angeli che durante la Messa circondavano le mani del Sacerdote e le sostenevano al momento dell’elevazione dell’Ostia e del Calice. Possiamo immaginare con quale rispetto e affetto la venerabile baciava quelle mani?
Santa Edwige, regina, ogni mattina assisteva a tutte le SS. Messe che si celebravano nella Cappella di Corte, mostrandosi molto grata e riverente verso i Sacerdoti che avevano celebrato: li invitava dentro, baciava loro le mani con somma devozione, li faceva nutrire, trattandoli con tutti gli onori più distinti. La si udiva esclamare commossa: “Benedetto chi ha fatto discendere Gesù dal cielo e lo ha dato a me”.
S. Pasquale Baylon era il portinaio del Convento. Ogni volta che arrivava un Sacerdote, il santo fraticello si inginocchiava e gli baciava riverentemente tutte e due le mani. Di lui, come di S. Francesco, si disse che “era devoto delle mani consacrate dei Sacerdoti”. Egli le riteneva capaci di tener lontani i mali e di ricolmare di beni chi le toccava con venerazione, perché sono le mani di cui si serve Gesù.
E non era forse edificante vedere come P. Pio da Pietrelcina cercava di baciare con amore le mani di qualche sacerdote, magari afferrandole a sorpresa? E che dire dell’altro servo di Dio, Don Dolindo Ruotolo, il quale non ammetteva che un Sacerdote potesse negargli “la carità” di fargli baciare le mani?
Del resto, sappiamo che questo atto di venerazione spesso è stato premiato da Dio con veri miracoli. Nella vita di S. Ambrogio, si legge che un giorno, appena celebrata la S. Messa, il Santo fu avvicinato da una donna paralitica che volle baciargli le mani. La poveretta riponeva grande fede in quelle mani che avevano consacrato l’Eucaristia: e fu guarita all’istante. Lo stesso, a Benevento, una donna paralitica da quindici anni, chiese al Papa Leone IX di poter bere l’acqua da lui adoperata durante la S. Messa per l’abluzione delle dita. Il Santo Papa accontentò l’inferma in questa richiesta umile come quella della Cananea che chiese a Gesù “le briciole che cadono dalla mensa dei padroni” (Matt. 15, 27). E fu subito guarita anch’essa.
La fede dei Santi era davvero gigante e operante! Vivevano di fede (Rom. 1, 17) e operavano per fede con un amore che non ammetteva limiti quando si trattava di Gesù. E il Sacerdote per essi era né più né meno che Gesù. “Nei Sacerdoti vedo il Figlio di Dio”, diceva S. Francesco d’Assisi. “Ogni volta che vedete un Sacerdote - predicava il S. Curato d’Ars - pensate a Gesù”. S. Maria Maddalena de’ Pazzi, infatti, parlando di qualche Sacerdote soleva dire: “questo Gesù”. Ed è per questo che S. Caterina da Siena e S. Teresa di Gesù baciavano la terra dove era passato un Sacerdote. Ancor più, S. Veronica Giuliani, un giorno, visto il Sacerdote salire la scala del monastero per portare la S. Comunione alle ammalate, si inginocchiò in fondo alla scalinata e salì quei gradini in ginocchio, baciandoli uno ad uno e bagnandoli di lagrime d’amore. Quando si ama!
“Se io incontrassi - diceva il S. Curato d’Ars - un Sacerdote e un Angelo, saluterei prima il Sacerdote, poi l’Angelo... Se non ci fosse il Sacerdote, a nulla gioverebbe la Passione e la Morte di Gesù... A che servirebbe uno scrigno ricolmo d’oro, quando non vi fosse chi lo apre? Il Sacerdote ha la chiave dei tesori celesti...”. Chi fa discendere Gesù nelle candide ostie? Chi mette Gesù nei nostri Tabernacoli? Chi dona Gesù alle nostre anime? Chi purifica i nostri cuori per poter ricevere Gesù?... Il Sacerdote, solo il Sacerdote. Egli è il “ministro del Tabernacolo” (Ebr. 13, 10), è il “ministro della riconciliazione” (2 Cor. 5, 18), è il “ministro di Gesù per i fratelli” (Col. 1, 7), è il “dispensatore dei misteri divini” (1 Cor. 4, 1). E quanti episodi non si potrebbero narrare di Sacerdoti eroici nel sacrificare se stessi per donare Gesù ai fratelli? Ne riferiamo uno solo fra i tanti.
Alcuni anni fa, in una parrocchia bretone stava per morire il vecchio curato. Insieme a lui, era in fin di vita anche uno dei suoi parrocchiani, tra i più lontani da Dio e dalla Chiesa. Il povero Parroco era desolato perché impossibilitato a muoversi, e mandò a lui il viceparroco avvertendolo di ricordare al moribondo che una volta aveva promesso di non morire senza i Santi Sacramenti. “Ma io lo promisi al Parroco, e non a voi”, si scusò il malato. Il vice-parroco dovette andarsene, e riferì la risposta al Parroco. Questi non si tirò indietro, pur sapendo di avere solo poche ore di vita. Pregò e ottenne di essere portato a casa del peccatore. Vi arrivò; riuscì a confessare e a dare Gesù al moribondo; poi gli disse: “Arrivederci in Paradiso!”. Su una lettiga il coraggioso Parroco fu riportato in canonica. Arrivati, si sollevò la coperta, ma il parroco non si muoveva più: era spirato.
Veneriamo il Sacerdote e siamogli grati perché ci dona Gesù; ma soprattutto preghiamo per la sua altissima missione, che è la missione stessa di Gesù: “Come il Padre ha mandato Me, così io mando voi” (Giov. 20, 21). Missione divina che fa girar la testa e impazzir di amore, a rifletterci fino in fondo. Il Sacerdote “è assimilato al Figlio di Dio” (Ebr. 7, 3), e il Santo Curato d’Ars diceva che “solo in cielo misurerà tutta la sua grandezza. Se già sulla terra lo intendesse, morrebbe non di spavento, ma di amore... Dopo Dio, il Sacerdote è tutto”.
Ma questa sublimità di grandezza comporta responsabilità enormi che pesano sulla povera umanità del Sacerdote; umanità in tutto identica a quella di ogni altro uomo. “Il Sacerdote - diceva S. Bernardo - per natura è come tutti gli altri uomini, per dignità è superiore a qualsiasi altro uomo della terra, per condotta deve essere emulo degli Angeli”.
Vocazione divina, missione sublime, vita angelica, dignità eccelsa, pesi sterminati... in povera carne umana! Diceva bene il Servo di Dio Don Edoardo Poppe, sacerdote mirabile: “Il Sacerdozio è Croce e Martirio”.
Si pensi al peso delle responsabilità per la salvezza delle anime affidate al Sacerdote. Egli ha da preoccuparsi di portare alla fede gli increduli, di convertire i peccatori, di infervorare i tiepidi, di sospingere sempre più in alto i buoni, di far camminare sulle vette i santi. Ma come può fare tutto ciò se non è davvero “uno” con Gesù? Per questo Padre Pio da Pietrelcina diceva: “Il Sacerdote o è un santo o è un demonio”. O santifica o rovina. Ma quale disastro incalcolabile non provoca il Sacerdote che profana la sua vocazione con un indegno comportamento o addirittura la calpesta rinnegando il suo stato di consacrato ed eletto del Signore (Giov. 15, 16)?
Il S. Curato d’Ars, è scritto nei Processi canonici, versava lagrime abbondantissime “pensando alla disgrazia dei sacerdoti che non corrispondono alla santità della loro vocazione”. E P. Pio da Pietrelcina ha descritto visioni angosciose sulle sofferenze spaventose di Gesù per colpa di sacerdoti indegni e infedeli.
Si sa che S. Teresina, l’angelica carmelitana, fece la sua ultima Comunione, prima di morire, per questa sublime intenzione: ottenere il ritorno di un Sacerdote traviato che aveva rinnegato la sua vocazione. E si sa che questo sacerdote morì pentito, invocando Gesù. Sappiamo che non sono rare le anime, specialmente verginali, che si sono offerte vittime per i Sacerdoti. Sono anime predilette da Gesù in modo assolutamente singolare. Ma preghiamo anche noi, e offriamo anche noi sacrifici per i Sacerdoti, per quelli in pericolo e per quelli più saldi, per quelli traviati e per quelli già avanti nella perfezione.
E in particolare, ogni volta che vediamo un Sacerdote all’altare, preghiamo anche noi la Madonna con le parole del venerabile Carlo Giacinto: “O cara Madonna, presta il tuo Cuore a quel Sacerdote, affinché possa degnamente celebrare”. Meglio ancora, anzi, preghiamo perché ogni Sacerdote possa imitare S. Gaetano, il quale si preparava alla celebrazione della S. Messa unendosi così intimamente a Maria SS., che di lui si diceva: “celebra la Messa come se fosse Lei”. E difatti, come la Madonna accolse Gesù fra le sue mani a Betlem, così il Sacerdote riceve Gesù fra le sue mani nella S. Messa. Come la Madonna offrì Gesù Vittima sul Calvario, così il Sacerdote offre l’Agnello immolato sull’altare. Come la Madonna ha donato Gesù all’umanità, così il Sacerdote ci dona Gesù con la S. Comunione. Dice bene, quindi, S. Bonaventura: ogni sacerdote all’altare dovrebbe essere interamente identificato alla Madonna, perché “come per mezzo di Lei ci è stato dato questo Santissimo Corpo, così per le sue mani si deve offrire”. E S. Francesco d’Assisi diceva che la Madonna rappresenta per tutti i Sacerdoti lo specchio della loro santità, data la stretta vicinanza che c’è fra l’incarnazione del Verbo nel seno di Maria e la consacrazione eucaristica fra le mani del Sacerdote.

giovedì 4 dicembre 2008

PREGHIERA ALLA VERGINE IMMACOLATA

O Vergine, bella come la luna, delizia del Cielo, nel cui volto guardano i beati e si specchiano gli Angeli, fa' che noi, tuoi figli, ti assomigliamo, e che le nostre anime ricevano un raggio della tua bellez­za che non tramonta con gli anni, ma che rifulge nell'eternità.
O Maria, Sole del Cielo, risveglia la vita dovunque è la morte e rischiara gli spiriti dove sono le tenebre. Rispecchiandoti nel volto dei tuoi figli, concedi a noi un rifles­so del tuo lume e del tuo fervore.
Salvaci, o Maria, bella come la luna, fulgi­da come il sole, forte come un esercito schierato, sorretto non dall'odio, ma dalla fiamma dell'amore.
Amen.
3 Ave Maria
LE MIE MANI

Le mie mani, coperte di cenere, segnate dal mio peccato e da fallimenti, davanti a te, Signore, io le apro, perchè ridiventino capaci di costruire e perchè tu ne cancelli la sporcizia.Le mie mani, avvinghiate ai miei possessi e alle mie idee già assodate, davanti a te, o Signore, io le apro, perchè lascino andare i miei tesori...Le mie mani pronte a lacerare e a ferire, davanti a te, o Signore, io le apro, perchè ridiventino capaci di accarezzare.

Le mie mani, chiuse come pugni di odio e di violenza, davanti a te, o Signore, io le apro, deponi in loro la tua tenerezza.Le mie mani, si separano dal loro peccato, davanti a te, o Signore, io le apro: attendo il tuo perdono.


Charles Singer

lunedì 1 dicembre 2008


“Ave o Maria!”.

Non si possono pronunciare queste parole,
così semplici e così alte,
senza rispettare il silenzio in cui sono discese per la prima volta.
Con grande delicatezza Gabriele si fa presente a Maria,
creatura del silenzio.
Dal silenzio la chiama,
e in questa culla silenziosa viene deposta la Parola del Padre.
Silenzio è sul villaggio di Nazareth,
che viene scoperto dalla Bibbia qui per la prima volta;
silenzio sulle origini della Vergine.
Ed in questo silenzio si svolge il dialogo divino - umano,
la proposta, l’ascolto, la domanda e la risposta.

LA CASTITÀ DI MARIA


Dopo il peccato di Adamo, essendosi i sensi ribellati alla ragione, la virtù della castità è per gli uomini la più difficile da praticare. «Tra tutte le lotte, dice sant'Agostino, le più aspre sono le battaglie della castità; il combattimento è quotidiano e la vittoria è rara». Sia sempre lodato il Signore che in Maria ci ha dato un grande modello di questa virtù. «A ragione, esclama il beato Alberto Magno, Maria è chiamata Vergine delle vergini perché, per prima, senza il consiglio e l'esempio di nessuno, offrendo la sua verginità a Dio, gli ha dato poi tutte le vergini che l'hanno imitata». Già Davide aveva predetto: «Le vergini sue compagne sono introdotte... nel palazzo del re» (Sal 44,15-16). Senza consiglio e senza esempio; sì, dice san Bernardo: «O Vergine, chi ti insegnò a piacere a Dio con la verginità e a condurre sulla terra una vita angelica?». «Cristo, risponde Sofronio, si scelse per madre questa Vergine purissima, affinché ella fosse per tutti un esempio di castità». Perciò sant'Ambrogio chiama Maria la vessillifera della verginità.
Per questa sua purezza lo Spirito Santo proclama la santa Vergine bella come la tortorella: «Le tue guance sono belle come le guance della tortora» (Ct 1,9 Vulg.). «Tortorella purissima è Maria», commenta Aponio. Perciò fu paragonata anche al giglio: «Come un giglio tra gli spini, così l'amica mia tra le fanciulle» (Ct 2,2). San Dionisio Cartusiano osserva che Maria fu chiamata giglio tra le spine perché «tutte le altre vergini furono spine o per se stesse o per gli altri; ma la beata Vergine né per sé né per gli altri. Infatti col solo farsi vedere infondeva a tutti pensieri e desideri di purezza». San Tommaso conferma: «La bellezza della beata Vergine spingeva alla castità quelli che la guardavano». San Girolamo pensa che san Giuseppe si mantenne vergine in virtù della compagnia di Maria. Contro l'eretico Elvidio, che negava la verginità di Maria, il santo scrive: «Tu dici che Maria non rimase vergine, ma io sostengo che anche Giuseppe fu vergine grazie a Maria». Dice un autore che la beata Vergine amò talmente questa virtù, che per conservarla sarebbe stata pronta a rinunziare anche alla dignità di Madre di Dio. Ciò risulta chiaramente dalle parole che Maria rispose all'arcangelo: «Come avverrà questo, poiché io non conosco uomo?» (Lc 1,34) e dalla sua risposta: «Si faccia di me secondo la tua parola» (Lc 1,38). La Vergine mostrava così che dava il suo consenso perché l'angelo le aveva assicurato che sarebbe divenuta madre soltanto per opera dello Spirito Santo.
Sant'Ambrogio dice: «Chi conserva la castità è un angelo, chi la perde è un demonio». Quelli che sono casti diventano angeli, come disse il Signore: «Saranno come angeli di Dio» (Mt 22,30), ma quelli che peccano contro la castità diventano odiosi a Dio, come i demoni. San Remigio diceva che la maggior parte degli adulti si perde per questo vizio.

Rara è la vittoria su questo vizio, come abbiamo detto in precedenza con sant'Agostino, perché non si praticano i mezzi per vincere. Tre sono i mezzi, come dicono, con san Roberto Bellarmino, i maestri della vita spirituale: «Il digiuno, la fuga dai pericoli e la preghiera». Per digiuno s'intende la mortificazione, specialmente degli occhi e della gola. Benché fosse piena della grazia divina, Maria mortificava i suoi occhi al punto che li teneva sempre bassi e non li fissava mai su nessuno. Così dicono sant'Epifanio e san Giovanni Damasceno e aggiungono che sin da fanciulla era così modesta che suscitava l'ammirazione di tutti. Perciò san Luca nota che nel recarsi a visitare santa Elisabetta, la Vergine «andò in fretta» per essere meno veduta in pubblico. In quanto poi al cibo, narra Filiberto che ad un eremita chiamato Felice fu rivelato che Maria bambina beveva latte solo una volta al giorno. San Gregorio di Tours attesta che ella digiunò in tutta la sua vita. San Bonaventura afferma: «Maria non avrebbe mai ricevuto tanta grazia se non fosse stata molto moderata nel cibo; infatti non si conciliano la grazia e la gola». Maria insomma praticò la mortificazione in ogni cosa, sicché di lei fu detto: «Le mie mani stillarono mirra» (Ct 5,5).

Il secondo mezzo è la fuga dalle occasioni: «Chi evita le insidie sta al sicuro» (Prv 11,15 Vulg.). San Filippo Neri diceva: «Nella guerra dei sensi vincono i poltroni», cioè quelli che fuggono le occasioni. Maria fuggiva il più possibile la vista degli uomini; perciò nella visita a santa Elisabetta, come nota Luca, «si mise in viaggio verso la montagna in fretta». Un autore osserva che la Vergine lasciò la casa di Elisabetta prima che questa partorisse, come si deduce dal Vangelo: «Maria rimase con lei circa tre mesi, poi ritornò a casa sua. Giunse intanto per Elisabetta il tempo di partorire e diede alla luce un figlio» (Lc 1,56-57). Perché non aspettò il parto? Per evitare le conversazioni e le visite che avrebbero avuto luogo in quella casa.

Il terzo mezzo è la preghiera. «Sapendo che non avrei potuto osservare la continenza se Dio non me l'avesse concessa... mi rivolsi al Signore e lo pregai» (Sap 8,21 Vulg.). E la Vergine rivelò alla benedettina santa Elisabetta che non ebbe nessuna virtù senza fatica e senza una continua preghiera. San Giovanni Damasceno dice che Maria «è pura e ama la purezza». Perciò non può sopportare gli impuri. Ma a chi ricorre a lei basterà invocare con fiducia il suo nome per essere liberato da questo vizio. Il venerabile Giovanni Avila diceva che molte persone tentate contro la castità hanno vinto grazie all'amore verso Maria immacolata.
Maria, purissima colomba, quanti sono nell'inferno per questo vizio! Signora, liberacene; fa' che nelle tentazioni ricorriamo sempre a te e t'invochiamo dicendo: «Maria, Maria, aiutaci». Amen.

(Sant'Alfonso Maria de' Liguori)