lunedì 14 luglio 2008

Consacrazione a Maria

Formula di Consacrazione

O Maria, madre di Gesù e madre mia,a te affido la mia vita. Ti consacro tutto ciò che ho,tutto ciò che amo, tutto ciò che sono: i miei pensieri, il mio cuore, la mia volontà. Desidero averti come modello e guida di santità e ti chiedo di starmi vicino in ogni momento della mia vita, perché io possa compiere sempre la volontà di Dio. Confido in te per l'acquisizione di tutte le virtù, specialmente della carità: insegnami ad amare Gesù e i miei fratelli con un cuore libero, puro e fedele ad imitazione del tuo. Abbi cura della mia vita che quest'oggi con fiducia ti offro.

La speranza di Maria


La santa Vergine dimostrò quanto fosse grande la sua fiducia in Dio in primo luogo quando si accorse che il suo santo sposo Giuseppe, ignorando il modo della sua prodigiosa gravidanza, era turbato e pensava di lasciarla: «Giuseppe... decise di rimandarla in segreto» (Mt 1,19). Sembrava necessario che Maria gli rivelasse il mistero nascosto. «Ma, dice Cornelio a Lapide, la beata Vergine non volle far conoscere ella stessa la grazia ricevuta e preferì abbandonarsi alla divina provvidenza, confidando che Dio avrebbe difeso la sua innocenza e la sua reputazione». Dimostrò inoltre la fiducia in Dio quando, vicina al parto, si vide esclusa a Betlemme anche dall'albergo dei poveri e ridotta a partorire in una stalla: «Lo depose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'albergo» (Lc 2,7). Non pronunziò allora nessuna parola di lamento ma, tutta abbandonata in Dio, confidò che egli l'avrebbe assistita in quella prova. La divina Madre dimostrò un'altra volta la sua grande fiducia nella divina provvidenza quando, avvisata da san Giuseppe di dover fuggire in Egitto, la stessa notte intraprese un così lungo viaggio verso un paese straniero e sconosciuto, senza provviste, senza denaro, senza altro accompagnamento che quello del suo bambino Gesù e del suo povero sposo: «Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre, nella notte, e partì per l'Egitto» (Mt 2,14). Molto più Maria dimostrò la sua fiducia quando chiese al Figlio la grazia del vino per gli sposi di Cana. Alle sue parole: «Non hanno vino», Gesù aveva risposto: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora» (Gv 2,4). Pareva dunque chiaro che la sua domanda fosse respinta. Ma la Vergine, fiduciosa nella bontà divina, disse ai servi: «Fate quello che vi dirà», perché era sicura che il Figlio le avrebbe accordato la grazia. Gesù infatti fece riempire le giare d'acqua e poi la mutò in vino.
Impariamo dunque da Maria ad avere piena fiducia, principalmente per quanto riguarda la nostra salvezza eterna, per la quale, benché la nostra cooperazione sia necessaria, tuttavia dobbiamo sperare solo da Dio la grazia per conseguirla, diffidando delle nostre proprie forze e ripetendo con l'apostolo: «Tutto posso in colui che mi dà forza» (Fil 4,13).
Mia santa Regina, di te mi dice l'Ecclesiastico che sei la madre della speranza: «Madre... della santa speranza» (Sir 24,24 Vulg.). Di te mi dice la santa Chiesa che sei la speranza stessa: «Salve, speranza nostra». Quale altra speranza vado dunque cercando? Dopo Gesù sei tu tutta la mia speranza. Così ti chiamava san Bernardo, così voglio chiamarti anch'io: «Tutta la ragione della mia speranza». E ti dirò sempre con san Bonaventura: «O salvezza di chi ti invoca, salvami».

domenica 13 luglio 2008

La fede di Maria

Così come la Beata Vergine è madre dell'amore e della speranza, così anche è madre della fede. E con ragione, dice Sant Ireneo, poiché quel danno che fece Eva con la sua incredulità, Maria lo riparò con la sua fede. Eva, conferma Tertulliano, perché volle credere al serpente, contro quello che avea detto Dio, apportò la morte; ma la nostra Regina, credendo alle parole dell'angelo, che restando vergine doveva rendersi Madre del Signore, recò al mondo la salute.Mentre dice Sant' Agostino che Maria dando il consenso all'Incarnazione del Verbo, per mezzo della sua fede aprì agli uomini il paradiso, infatti per questa sua fede Elisabetta chiamò la Vergine "beata". La Santa Vergine ebbe più fede che tutti gli uomini e tutti gli angeli messi insieme. Vedeva suo Figlio nella stalla di Betlemme, e lo credeva il creatore del mondo. Lo vedeva fuggire da Erode, e non smetteva di credere che egli era il re dei re. Lo vide nascere, e lo credette eterno. Lo vide povero, bisognoso di cibo, e lo credette Signore dell'universo: posto sul fieno, e lo credette onnipotente. Osservò che non parlava, e credette che egli era la Sapienza infinita. Lo sentiva piangere, e lo credeva il gaudio del paradiso. Lo vide infine nella morte vilipeso e crocifisso, ma benché negli altri vacillasse la fede, Maria stette sempre ferma nel credere ch'egli era Dio. "Stabat iuxta crucem Iesu Mater eius."Qui ci esorta Sant' Idelfonso: Ma come dobbiamo imitare questa fede di Maria? La fede è insieme dono e virtù. È dono di Dio in quanto è una luce che Dio infonde nell'anima; è virtù poi in quanto all'esercizio che l'anima ne fa. Onde la fede non solo ci chiede solo di credere, ma anche di operare. Quindi ci esorta Sant' Agostino a vedere le cose con occhi cristiani, cioè che vedono secondo la fede. Poiché diceva Santa Teresa che dalla mancanza di fede nascono tutti i peccati. E perciò preghiamo la S. Vergine che per merito della sua fede c'impetri una fede viva.

(tratto “Dalle glorie di Maria” di S. Alfonso De Liguori)

sabato 12 luglio 2008

La Carità di Maria verso il prossimo


L'amore verso Dio e verso il prossimo ci è imposto nello stesso precetto. La ragione è, dice San Tommaso, che chi ama Dio ama tutte le cose amate da Dio. Santa Caterina da Genova un giorno diceva a Dio: «Signore, voi volete che io ami il prossimo, ed io non posso amare altri che voi.» E Dio appunto le rispose: «Chi ama me, ama tutte le cose amate da me.» Ma poiché non vi è stato né vi sarà chi più di Maria amasse Dio, così non vi è stato né vi sarà chi più di Maria abbia amato il prossimo. Il Verbo Incarnato riempì la madre di carità, di modo che ella aiuti chiunque a lei ricorre. Fu Maria così piena di carità vivendo in terra, che soccorreva i bisogni senza neppure esserne richiesta; come fece appunto nelle nozze di Cana, allorché domandò al Figlio il miracolo del vino, esponendo l'afflizione di quella famiglia: - Non hanno vino - Oh che fretta ella si dava quando si trattava di sollevare il prossimo! E poi quando andò per carità alla casa di Elisabetta. E non poté poi maggiormente dimostrare la sua gran carità, che offrendo alla morte il suo Figlio per la nostra salute. Beato colui, dice la divina Madre, che sente i miei insegnamenti ed osserva la mia carità per usarla esso poi con gli altri a mia imitazione. Dice San Gregorio Nazianzeno che non v'è cosa con cui possiamo più acquistarci l'affetto di Maria, che con usar carità al nostro prossimo. È certo che secondo la carità che noi useremo col prossimo, Dio e Maria l'useranno con noi. O madre di misericordia, voi siete piena di carità con tutti, non vi scordate delle mie miserie. Voi già le vedete. Raccomandatemi a quel Dio che niente vi nega. Ottenetemi la grazia di potervi imitare nella santa carità, così verso di Dio, come verso del prossimo. Amen.


(tratto “Dalle glorie di Maria” di S. Alfonso De Liguori)

L'Umiltà di Maria

Senza umiltà non vi può essere alcun'altra virtù in un'anima; anche se possiede tutte le virtù, tutte fuggiranno al fuggire dell'umiltà.
Fu rivelato a Santa Matilde che la prima virtù in cui si esercitò la Beata Madre in modo particolare sin dalla fanciullezza fu proprio l'umiltà.
Il primo atto dell'umiltà di cuore è l'aver basso concetto di sé; e Maria considerò sempre così bassamente se stessa, come fu rivelato alla medesima Santa Matilde, che sebbene si vedesse così arricchita di grazie più degli altri, a nessuno mai si preferì.
Dichiara San Bernardo: "Sì perché, appunto come una mendicante, se rivestita d'una ricca veste donata, non se ne insuperbisce; ma nel vederla più si ricorda della sua povertà e più si umilia innanzi al suo donatore; così Maria quanto più si vedeva arricchita, più si umiliava, ricordandosi che tutto era dono di Dio"; "Perciò" disse San Bernardino "non vi è stata creatura al mondo più esaltata, perché non vi è stata creatura che più si è umiliata come Maria: inoltre è atto di umiltà occultare i doni celesti."
L'umile rifiuta le lodi per sé e tutte le riferisce a Dio. Ecco Maria che si turba in sentirsi lodare da San Gabriele. E quando Santa Elisabetta le disse: "Benedicta tu inter mulieres", Maria, attribuendo tutte quelle lodi a Dio, rispose con quell'umile cantico: "Magnificat anima mea Dominum." Come dicesse: "Elisabetta, tu lodi me, ma io lodo il Signore a cui solo si deve l'onore. Tu mi ammiri che io venga a te, ed io ammiro la divina bontà, in cui solamente giubila lo spirito mio. Tu mi lodi perché ho creduto; io lodo il mio Dio che ha voluto esaltare il mio niente."
Dunque, regina mia, io non potrò mai esser vostro vero figlio se non sono umile. Ma non vedete che i peccati miei dopo avermi renduto ingrato al mio Signore, mi han fatto anche superbo? Oh madre mia, rimediate voi: per i meriti della vostra umiltà impetratemi l'essere umile, e così divenir vostro figlio. Amen.




(tratto: "Dalle glorie di Maria" di S. Alfonso De Liguori)

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"L'anima mia magnifica il Signore"
In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore". Allora Maria disse " L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva.


La spiegazione
"In fretta"
La prima cosa che Maria fa dopo aver ricevuto l'annuncio della nascita di Gesù dall'angelo Gabriele, è di correre in fretta da Elisabetta. Ha saputo che, pur essendo anziana, Elisabetta aspetta un bambino, e desidera starle vicino e assisterla in questo momento gioioso e delicato della gravidanza. "In fretta" significa che Maria non perde tempo, e significa anche che dentro il suo cuore arde un fuoco d'amore che la spinge ad andare là dove c'è bisogno di lei. Maria è una giovane donna, piena di energie, di gioia da donare. Ma ora ha un segreto in più: porta nel suo seno Gesù: è diventata tabernacolo di Dio.


Una gioia speciale
L'incontro tra Maria ed Elisabetta è davvero speciale! Sono due mamme che attendono un bambino: Maria è giovane, Elisabetta e anziana, ma sono accomunate dalla stessa esperienza. C'è grandissima gioia, infatti, quando si attende un bambino. Solo una mamma conosce fino in fondo quanto essa è grande! Maria ed Elisabetta si capiscono al volo, c'è subito intesa tra loro. Fanno a gara a volersi bene, a esprimere la felicità traboccante dei loro cuori. Elisabetta attende Giovanni, che sarà un grande profeta. Maria attende Gesù, il messia. Anche questi due piccoli, ancora nel grembo delle mamme, si intendono subito: Giovanni esulta di gioia all'arrivo di Gesù nella sua casa! Maria si ferma con Elisabetta fino alla nascita di Giovanni: è venuta infatti per mettersi al servizio.

Perché Maria è grande
"L'anima mia magnifica il Signore!": sono le parole del canto che sgorga dal cuore di Maria davanti ad Elisabetta. Maria è grande di fronte a Dio e di fronte a tutti gli uomini, infatti: "tutte le generazioni mi chiameranno beata", continua. Ma perché Maria è grande? Ce lo dice ancora lei, nel suo cantico: perché Dio "ha guardato all'umiltà della sua serva". Queste parole significano che la grandezza di Maria sta nell'essersi messa a disposizione di Dio, nell'essersi fatta serva per amore. La visita ad Elisabetta è un grande esempio di questo!

venerdì 11 luglio 2008

Maria, la Vergine Immacolata

L'Immacolata concezione di Maria é stata proclamata nel 1854, dal Papa Pio IX. Ma la storia della devozione per Maria Immacolata è molto più antica. Precede di secoli, anzi di millenni, la proclamazione del dogma che come sempre non ha introdotto una novità, ma ha semplicemente coronato una lunghissima tradizione. Già i Padri della Chiesa d'Oriente, nell'esaltare la Madre di Dio, avevano avuto espressioni che la ponevano al di sopra del peccato originale. L'avevano chiamata:"Intemerata, incolpata, bellezza dell'innocenza, più pura degli Angioli, giglio purissimo, germe non- avvelenato, nube più splendida del sole, immacolata ". In Occidente, però, la teoria dell'immacolatezza trovò una forte resistenza, non per avversione alla Madonna, che restava la più sublime delle creature, ma per mantenere salda la dottrina della Redenzione, operata soltanto in virtù del sacrificio di Gesù.Se Maria fosse stata immacolata, se cioè fosse stata concepita da Dio al di fuori della legge dei peccato originale, comune a tutti i figli di Eva, ella non avrebbe avuto bisogno della Redenzione, e questa dunque non si poteva più dire universale. L'eccezione, in questo caso, non confermava la regola, ma la distruggeva. Il francescano Giovanni Duns, detto Scoto perché nativo della Scozia, e chiamato il " Dottor Sottile ", riuscì a superare questo scoglio dottrinale con una sottile ma convincente distinzione. Anche la Madonna era stata redenta da Gesù, ma con una Redenzione preventiva, prima e fuori del tempo. Ella fu preservata dal peccato originale in previsione dei meriti del suo figlio divino. Ciò conveniva, era possibile, e dunque fu fatto.Giovanni Duns Scoto morì sui primi del '300. Dopo di lui, la dottrina dell'Immacolata fece grandi progressi, e la sua devozione si diffuse sempre di più. Dal 1476, la festa della Concezione di Maria venne introdotta nel Calendario romano.Sulle piazze d'Italia, predicatori celebri tessevano le lodi della Vergine immacolata: tra questi, San Leonardo da Porto Maurizio e San Bernardino da Siena, che con la sua voce arguta e commossa diceva ai Senesi: " Or mi di’ : che diremo noi del cognoscimento di Maria essendo ripiena di Spirito Santo, essendo nata senza alcun peccato, e così sempre mantenendosi netta e pura, servendo sempre a Dio? ".Nel 1830, la Vergine apparve a Santa Caterina Labouré, la quale diffuse poi una " medaglia miracolosa " con l'immagine dell'Immacolata, cioè della " concepita senza peccato ". Questa medaglia suscitò un'intensa devozione, e molti Vescovi chiesero a Roma la definizione di quel dogma che ormai era nel cuore di quasi tutti i cristiani.Così, l'8 dicembre 1854, Pio IX proclamava la " donna vestita di sole " esente dal peccato originale, tutta pura, cioè Immacolata.Fu un atto di grande fede e di estremo coraggio, che suscitò gioia tra i fedeli della Madonna, e indignazione tra i nemici del Cristianesimo, perché il dogma dell'Immacolata era una diretta smentita dei naturalisti e dei materialisti.Ma quattro anni dopo, le apparizioni di Lourdes apparvero una prodigiosa conferma del dogma che aveva proclamato la Vergine " tutta bella ", " piena di grazia " e priva di ogni macchia del peccato originale. Una conferma che sembrò un ringraziamento, per l'abbondanza di grazie che dal cuore dell'Immacolata piovvero sull'umanità.E dalla devozione per l'Immacolata ottenne immediata diffusione, in Italia, il nome femminile di Concetta, in Spagna quello di Concepción: un nome che ripete l'attributo più alto di Maria, " sine labe originali concepta ", cioè concepita senza macchia di peccato, e, perciò, Immacolata.

mercoledì 9 luglio 2008

Lasciati guidare da Maria

Tu fanciullo dunque: Amala con tutta la tua dedizione; Ella ti ama fino a sacrificare il Figlio di Dio; nell'annunciazione ti ha accolto di buon grado come figlio. Ella ti renderà simile a Se stessa, ti renderà sempre più immacolato, ti nutrirà con il latte della Sua grazia. Lasciati soltanto guidare da Lei, lasciati plasmare sempre più liberamente da Lei. Vigila sulla purezza della tua coscienza, purificala nel Suo amore. Non scoraggiarti neppure dopo un peccato grave, anche se commesso più volte. Un atto di amore perfetto ti purificherà.


Cosa e proprietà.


Ella faccia con te ciò che vuole, non si senta legata ad alcuna limitazione derivante dagli obblighi di una madre nei confronti del proprio figlio. Sii cosa, proprietà di Lei, Ella si serva liberamente di te, disponga di te senza alcuna riserva per qualunque cosa Ella voglia. Ella è la Proprietaria di te, la tua Signora e Regina assoluta. Il servo vende il proprio lavoro; tu, al contrario, offri in dono la fatica, la sofferenza, tutto te stesso. SupplicaLa affinché non rispetti la tua libera volontà, ma agisca con te sempre liberamente secondo la Sua volontà.Di Lei sii figlio, servo, schiavo d'amore, sotto ogni aspetto e sotto qualunque denominazione formulata finora o che potrà essere escogitata in questo nostro tempo o in avvenire. In una parola: sii di Lei .Fino ad essere milite, affinché altri divengano sempre più proprietà di Lei, come te, e anche di più; e così facciano tutti coloro che vivono e vivranno sull'intero globo terrestre, e collaborino con Lei nella lotta contro il serpente. Essere dell'Immacolata , per diventare sempre più puri, con la coscienza sempre più pura, immacolata, come Ella è di Gesù , fino a divenire madre e conquistatrice dei cuori a Lui.

Padre Massimiliano Kolbe

venerdì 4 luglio 2008

Cuore Immacolato e Addolorato di Maria, abbi pietà di noi

Questa giaculatoria è un grido d’amore e un gemito di dolore. È la preghiera più incisiva con cui ci rivolgiamo e quasi ci aggrappiamo a Maria, al suo cuore immacolato e addolorato. Tanto più addolorato quanto più immacolato. Sì, perché più il cuore è puro e più il male lo ferisce; più l’anima è sensibile e più è acuto il dolore.
Tutto il male che affligge l’uomo, che ne umilia la dignità e ne minaccia la felicità, è presente al Cuore della Madre. Ella vede tutto l’odio che avvelena i rapporti, le vendette che striano di sangue l’umana convivenza, la corruzione che inquina la società, l’indifferenza che rende il fratello estraneo al fratello. Vede l’avidità di denaro e la fame di potere, il dilagare della violenza e della prepotenza, il progressivo disgregarsi della famiglia e la silenziosa apostasia degli uomini dalla fede. Vede il crollo dei valori e degli ideali, l’esagerato amore di sé e il conseguente disprezzo degli altri, la crisi religiosa e la decadenza dei costumi… Vede e piange. Piange di dolore di fronte allo scempio di un patrimonio accumulato in secoli di tenace impegno dei nostri padri. Piange di compassione per le sorte miseranda dei suoi figli, lontani da Dio, schiavi del peccato e spesso chiusi alla trascendenza. Piange di sconforto per la durezza di cuore di tanti che si dicono credenti, ma rifiutano la norma evangelica e offendono il Figlio suo. È sempre causa di tristezza per una madre vedere i figli malati e sofferenti. Che cosa non farebbe, una madre, per dare loro serenità, per rimetterli sulla buona strada, per renderli felici?
A lei, dunque, “gementi e piangenti in questa valle di lacrime”, ricorriamo fiduciosi e diciamo: “Abbia pietà di noi”, o Madre di Misericordia: Abbi pietà dei nostri smarrimenti, delle nostre incertezze e fatiche, dei nostri cuori vacillanti. La nostra fede è debole, la nostra speranza è fragile, il nostro amore è povero: abbi pietà! Grande è il nostro peccato, immensa la nostra presunzione, scarso il nostro impegno: abbi pietà!
Tu, che sei la più tenera di tutte le madri, muoviti a pietà davanti ai nostri tentennamenti, alle nostre incoerenze, alle nostre ripetute infedeltà.
Tu conosci i passi del nostro vagabondare, Tu mescoli le tue lacrime alle nostre, Tu vedi l’affanno e il dolore dei tuoi figli.
Soccorrici, o Madre buona, asciuga il nostro pianto e sana le nostre ferite col balsamo del tuo amore. Fa che possiamo sentirti sempre vicina ai nostri problemi: allo stipendio che non basta, allo stress della vita odierna, all’incertezza del futuro, alla paura che ci blocca. Vicina a noi nella solitudine, nell’usura dei rapporti, nell’instabilità degli affetti. Vicina a noi nella difficoltà di educare, nell’incomunicabilità perfino con gli intimi, nella frammentazione logorante del nostro tempo. Vicina a noi nel capogiro delle tentazioni, nella tristezza delle cadute, nella tirannia del peccato. Aiutaci, o maestra e modello di vita, o Vergine sempre fedele, o porto sicuro nel comune naufragio. Abbi pietà di noi! Non stancarti di amarci!



† Giuseppe Costanzo
Arcivescovo

Maria, donami Gesù, donami a Gesù

Quando il rapporto con Maria diventa maturo, anche la domanda si fa essenziale. Non si pensa più ai doni, ma al Datore dei doni. Non più alle grazie, ma alla sorgente di ogni grazia. Ecco, allora, una preghiera tanto cara al suo Cuore di Madre: “Maria, donami Gesù, donami a Gesù”.
“Donami Gesù”. L’anima che ha familiarità con la Madonna, che ha imparato da lei come pregare e che cosa domandare, non si attarda in richieste di cose marginali, ma va subito all’essenziale: “Dammi Gesù”. Non indugia su favori che è pure legittimo chiedere, ma va al cuore del problema: ella sa che il pane è necessario, ma che non è tutto; sa che il denaro è importante, ma che non basta a renderci contenti; sa che la tavola piena di vivande non sazia, se il cuore è vuoto di certezze; sa che anche i cibi più raffinati sono privi di sapore, se manca la pace dell’anima. Sa che perfino la salute è un bene inestimabile, ma perde di valore di fronte alla sapienza del cuore e comunque non placa il bisogno di felicità. L’anima che si è lasciata educare da Maria e che ha assimilato la sua spiritualità, chiede Gesù, vuole Gesù. Egli è il senso della vita e il segreto della storia. È Colui che ci conosce e ci ama. È l’amico della nostra vita e il compagno di viaggio. Egli è il nostro Maestro e il nostro Redentore, il pane per la nostra fame e l’acqua viva per la nostra sete.. Egli è il Pastore che offre la sua vita per noi. È la nostra guida, il nostro esempio, il nostro conforto e alla fine – lo speriamo – la pienezza eterna della nostra esistenza. Gesù è tuo Figlio, o Maria, o benedetta fra tutte le donne. Tu, a Betlemme, l’hai offerto al mondo e ogni giorno continui a donarlo a quanti ne sono innamorati.
“Donami a Gesù”, o Madre buona e tenera. Strappami al male che mi seduce, alla menzogna che mi inganna, al peccato che mi invecchia. Spezza le catene che mi tengono prigioniero degli idoli di turno, asservito ai tanti padroni che mi tolgono libertà e dignità, accecato dalle lusinghe che rendono corto il respiro e ristretto l’orizzonte. Liberami dalla paura, dall’egoismo e dalla diffidenza, che paralizzano ogni slancio e bloccano ogni desiderio di vita nuova e di amore fedele.
“Donami a Gesù” e aiutami ad accoglierlo nell’intimo del cuore. Egli riempie di luce la mia solitudine e mi dona il gusto della vera libertà. È vero, Egli contesta i miei pensieri, scombina i miei programmi, manda in crisi le mie certezze, ma lo fa perché mi ama e perché vede meglio della mia ristrettezza di vedute. Mi guasta i progetti, ma non mi rovina la festa; e anche quando mi disturba il sonno, non mi toglie la pace.
“Donami a Gesù, ma non permettere che la mia fede in Lui e il mio amore per Lui mi tenga estraneo alle sofferenze dell’uomo e alle tragedie della storia. Fammi sempre memore che non posso amare il Dio invisibile se non amo i fratelli che vedo. Dammi l’attenzione e la passione per questo mondo, in cui si prepara la materia del mondo rinnovato, ma tiene sempre desto in me il desiderio della patria beata. Fammi capace, o Madre, di consegnarmi fiduciosamente a Lui e di abbandonarmi totalmente in Lui, in quell’unione intima di cui il cuore ha struggente nostalgia.

† Giuseppe Costanzo

Arcivescovo

Maria, la tua bellezza ci incanta

Per comunicare con la persona amata non occorrono lunghi discorsi: basta una parola, un gesto, uno sguardo. Questo è ancora più vero nel nostro rapporto con la Madonna, che ci conosce e ci ama in Dio e che è la “Madre che tutto può”. È bello potersi rivolgere a lei con la spontaneità e la fiducia dei figli.. è bello dirle: “O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te”.
Nella prima parte di questa preghiera c’è il gioioso riconoscimento della gigantesca statura morale di Maria: Ella è la creatura concepita senza peccato. Ella – per singolare privilegio -è stata fin dall’inizio quello che anche noi siamo chiamati a diventare: “santi ed immacolati nell’amore”. In lei noi contempliamo il nostro destino finale. Non c’è, in lei, neppure l’ombra del peccato. È senza macchia alcuna. È la “Donna vestita di sole”. È la “piena di grazia”, traboccante dell’amore di Dio, e perciò bellissima, graziosissima. Innamorato della sua limpidezza, Dio vi si specchia dentro, come le alte montagne nella trasparenza dei laghi. Davvero, “la figlia del re è tutta splendore”; davvero “al re piace la sua bellezza” (Sal 45). In lei il Padre ha preparato una degna dimora per il Figlio. E il popolo cristiano sente il fascino di questo straordinario candore e la dichiara “Bella fra tutte le donne” e l’acclama: “Salve, o tutta santa”. Incantati dalla divina bellezza di questa Madre i fedeli cantano entusiasti: “Dell’aurora Tu sorgi più bella … non vi è stella più bella di Te”. Tutto lo stupore e amore dell’anima incantata da Maria è compendiato nel canto liturgico a tutti noto: “Tota pulchra es, Maria!” Sei tutta bella, sei splendida nell’anima e nel corpo. La tua bellezza, anche corporale, è il riverbero della tua bellezza interiore. Sei bella – e dunque buona! – perché ricolma dell’amore di Dio. Tu ci ricordi che non c’è vera bellezza senza la bontà del cuore e la capacità di amare. In un mondo in cui la bellezza fisica è ostentata, idolatrata e spesso strumento di immoralità, la tua bellezza morale diventa contestazione silenziosa e criterio di discernimento.
Consapevoli delle nostre brutture, supplichiamo con fiducia:
“Prega per noi, che ricorriamo a Te”.
“Prega per noi”,
cioè ottienici un cuore nuovo, un cuore semplice e puro, un cuore umile e docile, come il tuo. Nel nostro cuore si mescolano insieme bene e male, si intersecano slanci e resistenze al Volere del Padre, attecchiscono sentimenti nobili e grandi accanto ad atteggiamenti meschini, assai poco conformi al Vangelo.
“Prega per noi”, cioè aiutaci a vivere da veri cristiani, da autentici testimoni, in un mondo contraddistinto da un consumismo sfrenato, dall’indifferenza religiosa e da un secolarismo chiuso alla trascendenza.
“Prega per noi”: restituiscici, o tutta bella, alla nostalgia del candore, al desiderio di incontaminata trasparenza, all’anelito verso la santità. Spesso ci sentiamo sporchi, indegni di Te e della Trinità Santissima, e perciò a Te ricorriamo, ci rifugiamo tra le tue braccia e cerchiamo asilo nel tuo cuore, o Madre di misericordia.

† Giuseppe Costanzo

Arcivescovo

Madre mia, fiducia mia

Per i figli della Madonna pensieri ed affetti corrono d’istinto a Maria. Come avviene per una persona amata. È un bisogno del cuore. È un moto spontaneo dell’anima. Spesso, però, non sappiamo come tradurre in parole cariche d’amore i sentimenti che ci urgono dentro, come compendiare in una sola battuta la nostra fede e la nostra devozione, la venerazione e le attese del nostro cuore. C’è un’invocazione che non mi stanco di ripetere e di raccomandare. È come una freccia infuocata d’amore che parte decisa dal cuore e va diritta al cuore della Madonna. È la giaculatoria che dice: “Madre mia, fiducia mia!”. È preghiera semplice e breve, profonda e traboccante d’amore. È accessibile a tutti, anche a chi non ha studiato. È praticabile da tutti, anche da quelli che sono oberati di impegni. Non chiede tempo, ma amore. Non stanca, ma fa ardere il cuore e lo pacifica. È la risorsa di chi ama. È il grido di chi lotta. È l’invocazione di chi trepida.
Madre mia!”. È il riconoscimento della sua missione nei nostri confronti; è la consapevolezza della nostra condizione: siamo suoi figli, a lei donati dal Figlio morente, posti sulle sue braccia e a lei affidati dal Salvatore del mondo.
Madre mia!”. È l’esclamazione esultante del bimbo che è felice tra le sue braccia, che si sente sicuro accanto al cuore della Madre di tutte le mamme. È la gioiosa meraviglia del credente, consapevole di ciò che lei è per lui e, soprattutto, di ciò che lui è per lei.
Madre mia!”. È professione di fede nella sua maternità spirituale. È atto d’amore verso una madre così tenera. È consolante certezza del suo accompagnamento efficace e costante.
“Fiducia mia!”. Tu, o Maria, sei il “cuore” e il volto materno di Dio. In te, o Vergine benedetta, io contemplo l’icona della divina tenerezza, la pura trasparenza della santità a cui anelo.
Fiducia mia!”. Tu sei “l’Onnipotente per grazia” e questo mi riempie di serenità e di pace. Tu conosci i miei bisogni e intervieni, anzi “la tua benignità… liberamente al dimandar precorre” (Dante Alighieri). Tu “brilli davanti al peregrinante popolo di Dio come segno di sicura speranza e di consolazione” (Lumen Gentium), e perciò “cresce lungo il cammino il mio vigore” (Sal 84,8).
“Fiducia mia!”. Tu sei l’aiuto di cui ho bisogno nel mio viaggio tra le tribolazioni e i pericoli. Tu l’avvocata di grazia e il modello di santità. Tu, Madre di misericordia, mi “dischiudi il cammino verso il Regno dei cieli”. E quando le difficoltà della vita rendono incerto il mio passo e mettono a dura prova la mia fiducia e la mia speranza, io - come l’orante della Bibbia – “non cesso di sperare, moltiplicherò le tue lodi” (Sal 71); ripeterò decine, anzi centinaia di volte:
“Madre mia, Fiducia mia!”.

† Giuseppe Costanzo

Arcivescovo