venerdì 30 marzo 2012

La sua ora

Domenica delle Palme

DOMENICA DELLE PALME 
«Ecco lo sposo, andategli incontro!» (Mt 25,6)


        «Esulta grandemente figlia di Sion» (Zac ,9), rallegrati ed esulta, Chiesa di Dio, poiché ecco venire a te il tuo Dio, ecco venire il tuo Sposo, seduto su un asinello come su un trono! Affrettiamoci ad andargli incontro per contemplare la sua gloria. Ecco la salvezza del mondo: Dio avanza verso la croce. Anche noi, popoli, gridiamo oggi col popolo: «Osanna al figlio di Davide, donaci la salvezza di lassù, o Dio!» (Mt 21,9; Sal 118,25) ...

        E' un giorno di festa che celebra la Chiesa, all'ombra di Cristo, olivo che dà frutti nella casa di Dio (Sal 52,10); ella celebra un giorno di festa con Cristo, giglio primaverile del Paradiso in fiore. Poiché Cristo sta al centro della Chiesa, lui vero giglio in fiore, radice di Iesse che non giudica il mondo ma lo serve (Is 11,1.3). Sta al centro della Chiesa, fonte eterna da cui scaturiscono non più i fiumi del paradiso (Gen 2,10), ma Matteo, Marco, Luca e Giovanni, che irrigano il giardino della Chiesa di Cristo. Oggi, noi che siamo virgulti d'olivo fecondi (cf Sal 128,3), con in mano rami d'olivo, supplichiamo Cristo misericordioso. «Piantati nella casa del Signore», diamo fiori a primavera «negli atri del nostro Dio», e celebriamo un giorno di festa: «l'inverno è passato!» (Sal 92,14; Can 2,11) ...

        Esclamo con Paolo a voce alta e forte: «Le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove» (2Cor 5.17) Un profeta, guardando a quel re esclama : «Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!» (Gv 1,29) ...; e Davide, guardando a Cristo nato dalla sua stirpe secondo la carne, afferma: «Il Signore è Dio e ci è apparso» (Sal 118,27 LXX). Giorno di festa ammirabile per la sua novità, sorprendente e stupefacente: i bambini acclamano Cristo come Dio e i sacerdoti lo maledicono, i bambini lo adorano e i dottori della Legge lo disprezzano e lo calunniano. I bambini dicono: «Osanna!» e i suoi nemici gridano: «Crocifiggilo!» Quelli si uniscono intorno a Cristo con le palme, questi si gettano su di lui con le spade; quelli tagliano rami, questi preparano una croce.

 Meditazione del giorno
Omelia attribuita a sant'Epifanio di Salamina (? - 403), vescovo
Omelia 1 per la festa delle Palme ; PG 43, 427

               
L'amore e la croceL'ulivo è stato sempre sacro: i vincitori delle Olimpiadi venivano incoronati con un ramo di ulivo; Noè, dopo il lento abbassarsi delle acque, fece uscire la colomba che al suo ritorno portava nel becco un ramoscello di ulivo, segno che dal grembo della terra rispuntava la vita, ma soprattutto che Dio donava all'uomo la sua pace, la sua benedizione.

Con rami di ulivo agitati da mani di gente entusiasta, fu festeggiato Gesù al suo ingresso a Gerusalemme; così l'ulivo diventa segno della accoglienza festosa a Gesù, allora a Gerusalemme, ora in casa nostra, nella nostra vita. Portarsi a casa i ramoscelli, offrirli ai vicini, agli altri, è segno di accoglienza, di amicizia, è augurio di pace. Moltiplichiamo i gesti di umanità, di stima, miglioriamo i rapporti. La palma non è un portafortuna, è un simbolo che ci fa pensare a cose grandi, che ha in sé significati di grande spessore: accoglienza, pace, armonia, utilità.

Il racconto della passione, non ha bisogno di commento. Va solo contemplato, pregato, vissuto. Tutto resta incomprensibile, se non si coglie in esso la violenta passione di Dio che cerca l'uomo, in un amore disposto ad amare sino alla fine, costi quel che costi, fino a dare la vita. Non si può cogliere il mistero della croce, se non si vede lì, nel non senso di una morte infame, il mistero dell'amore di Dio.
L'amore infatti porta fuori di sè, dilata l'animo e si fa carico di tutto: Dio, sulla croce di Cristo, raggiunge il punto più lontano da sé, abbraccia l'universo e si fa carico di tutto il mondo. Sulla Croce si manifesta pienamente chi è Dio: il Dio diverso, il Dio amore in tutta la sua passione d'amore, di quell'amore che lo colloca infinitamente al di sopra di ogni nostra immaginazione.
La croce è la rivelazione suprema di Dio che è amore, un amore che salva, mentre siamo peccatori. Dato il male del mondo, la croce si pone quindi come il luogo inevitabile d'incontro tra Dio che cerca l'uomo e l'uomo che cerca Dio; è l'incrociarsi di due passioni: dell'uomo che nella sua disperata ricerca si trova inchiodato sulla croce, prigioniero del male, di Dio che nella sua volontà di portare la salvezza si trova ugualmente inchiodato sulla croce, prigioniero dell'amore. Dio, infatti, vuole ricreare l'uomo, ferito dal peccato, con l'amore. Se il crocifisso svelasse soltanto il peccato, ci condannerebbe alla disperazione. Il Crocifisso, invece, mentre svela il peccato annuncia l'amore. Infatti, è nel momento della sua morte che avviene la massima rivelazione di un pagano: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!".
E' l'apice di tutto il Vangelo di Marco, riassume in sè e risolve tutta la contrarietà della croce: Il nostro Dio è l'uomo crocifisso, Gesù. "Ecco il nostro Dio", annuncia il Vangelo. Non conosciamo, non riconosciamo altro Dio che questi crocifisso. Questo è scandalo per ogni persona religiosa e follia per ogni persona di buon senso, dice Paolo (1Cor 1,23). Marco accentua volutamente questo scandalo e questa follia, facendo riconoscere Gesù nella sua realtà solo sulla croce, non prima. Solo lì possiamo riconoscere che Gesù è il nostro unico Signore.
Chi lo segue solo fino all'ultima cena e non lo riconosce sulla croce, non è cristiano. Questo è il grande mistero da capire, la rivelazione sconvolgente che ha scandalizzato e colto di sorpresa anche i primi discepoli, così come è colto di sorpresa ognuno di noi, di fronte al mistero della croce, al dolore e alla sofferenza. Solo vedendo morire Gesù "in quel modo", proprio così, avviene la proclamazione di fede del cristiano. Giovanni nel suo Vangelo ci fa comprendere questa stessa verità in un altro modo. Lo dice attraverso le ultime parole di Gesù: "Tutto è compiuto". Sarà che Gesù dice: "Finalmente è terminata questa agonia, è terminato il mio compito, me ne posso tornare in Paradiso ed essere finalmente felice?" No, Gesù desidera dirci: "Ho compiuto l'amore, ho detto tutto l'amore che potevo, l'ho messo dentro la storia degli uomini. Da questo momento il fuoco dell'amore, il fuoco dello Spirito scorre nelle vene degli uomini". Gli uomini diventano finalmente capaci di essere strumenti di perdono, strumenti di amore, strumenti di gioia, strumenti di pace. Anche gli uomini diventano capaci di lasciarsi crocifiggere per amore del proprio popolo, sull'esempio di Gesù.

lunedì 26 marzo 2012

...se il chicco di grano non muore...


Morire a se stessi moltiplica la vita


In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c'erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna (....)».

Vogliamo vedere Gesù. Grande domanda dei cercatori di sempre, domanda che sento mia. La risposta di Gesù dona occhi profondi: se volete capire me, guardate il chicco di grano; se volete vedermi, guardate la croce. Il chicco di grano e la croce, due immagini come sintesi ardente dell'evento Gesù.

Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Una frase difficile e anche pericolosa se capita male, perché può legittimare una visione doloristica e infelice della religione.

Un verbo balza subito in evidenza per la sua presa emotiva: morire, non morire. Ipotesi o necessità, pare oscurare tutto il resto, mentre invece è l'inganno di una lettura superficiale. L'azione principale, lo scopo verso cui tutto converge, il verbo che regge l'intera costruzione è «produrre»: il chicco produce molto frutto.

L'accento non è sulla morte, ma sulla vita. Gloria di Dio non è il morire, ma il molto frutto buono.

Osserviamo un granello di frumento, un qualsiasi seme: nessun segno di vita, un guscio spento e inerte, che in realtà è un forziere, un piccolo vulcano di vita. Caduto in terra, il seme muore alla sua forma ma rinasce in forma di germe, non uno che si sacrifica per l'altro - seme e germe non sono due cose diverse, sono la stessa cosa - ma tutto trasformato in più vita: la gemma si muta in fiore, il fiore in frutto, il frutto in seme. Nel ciclo vitale come in quello spirituale «la vita non è tolta ma trasformata» (Liturgia dei defunti), non perdita ma espansione.

Ogni uomo e donna sono chicco di grano, seminato nei solchi della storia, della famiglia, dell'ambien te di lavoro e chiamato al molto frutto. Se sei generoso di te, di tempo cuore intelligenza; se ti dedichi, come un atleta, uno scienziato o un innamorato al tuo scopo, allora produci molto frutto. Se sei generoso, non perdi ma moltiplichi la vita.

La seconda icona è la croce, l'immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. «Per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce» (Karl Rahner). Dio entra nella morte perché là va ogni suo figlio. Ma dalla morte risorge come un germe di vita indistruttibile, e ci trascina fuori, in alto, con sé.

Gesù è così: un chicco di grano, che si consuma e fiorisce; una croce, dove già respira la risurrezione. Io sono cristiano per attrazione: attirerò tutti a me. E la mia fede è contempl azione del volto del Dio crocifisso.

«La Croce non ci fu data per capirla ma perché ci aggrappassimo ad essa» (Bonhoeffer): attratto da qualcosa che non capisco ma che mi seduce, mi aggrappo alla sua Croce, cammino dietro a Cristo, morente in eterno, in eterno risorgente.

padre Ronchi








..il chicco caduto in terra..

Il chicco di grano è anzitutto Gesù stesso. Come un chicco di frumento, egli è caduto in terra nella sua passione e morte, è rispuntato e ha portato frutto con la sua risurrezione. Il «molto frutto» che egli ha portato è la Chiesa nata dalla sua morte, il suo corpo mistico. Potenzialmente, il "frutto" è tutta l’umanità, non solo noi battezzati, perché egli è morto per tutti, tutti sono stati da lui redenti, anche chi ancora non lo sa. Il brano evangelico si conclude con queste significative parole di Gesù: «Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me».

Cadere in terra e morire non è dunque solo la via per portare frutto, ma anche per «salvare la propria vita», cioè per continuare a vivere! Che succede al chicco di grano che rifiuta di cadere in terra? O viene qualche uccello e lo becca, o inaridisce e ammuffisce in un angolo umido, oppure viene ridotto in farina, mangiato e tutto finisce lì. In ogni caso, il chicco, come tale, non ha seguito. Se invece viene seminato, rispunterà e conoscerà una nuova vita, come in questa stagione vediamo che è avvenuto dei chicchi di grano seminati in autunno. Sul piano umano e spirituale, ciò significa che se l’uomo non passa attraverso la trasformazione che viene dalla fede e dal Battesimo, se non accetta la croce, ma rimane attaccato al suo naturale modo di essere e al suo egoismo, tutto finirà con lui, la sua vita va ad esaurimento: giovinezza, vecchiaia, morte.

Ricordati del chicco di grano e spera. I nostri migliori progetti e affetti devono passare per questa fase di apparente buio e di gelido inverno, per rinascere purificati e ricchi di frutti.

Questi chicchi che cadono in terra e muoiono saremo noi stessi, i nostri corpi affidati alla terra. Ma la parola di Gesù ci assicura che anche per noi ci sarà una nuova primavera.


(dal web)

«Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me».

AMEN