sabato 25 giugno 2011

La povertà di Maria



La povertà di Maria



Il nostro amorevole Redentore, per insegnarci a disprezzare i beni mondani, volle essere povero su questa terra. Dice san Paolo: « Da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi della sua povertà » (2Cor 8,9). Perciò Gesù esortava chiunque volesse essere suo seguace: « Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che hai e dallo ai poveri... poi vieni e seguimi » (Mt 19,21). La sua discepola più perfetta, Maria, seguì mirabilmente il suo esempio. San Pietro Canisio afferma che con l'eredità lasciatale dai suoi genitori la santa Vergine avrebbe potuto vivere agiatamente, ma si accontentò di essere povera conservando per sé un piccola parte dei suoi beni e distribuendo tutto il resto in elemosina al tempio e ai poveri. Molti sostengono che Maria fece anche voto di povertà. Ella stessa rivelò a santa Brigida: « Fin dal principio feci voto in cuor mio di non possedere nulla in questo mondo ».
I doni ricevuti dai Magi non dovevano essere certamente di poco valore, ma li distribuì tutti ai poveri. Così attesta san Bernardo: « Maria non serbò per sé l'oro offerto dai Magi, che fu considerevole, come si addiceva alla loro dignità regale, ma lo distribuì ai poveri per mezzo di Giuseppe ». Che la divina Madre avesse distribuito subito i doni dei Magi, si deduce dal vedere che andando al tempio non offrì l'agnello che era l'offerta dei benestanti prescritta dal Levitico (Lv 12,6), ma, come dice la legge del Signore, un paio di tortore o due giovani colombi (Lc 2,24), offerta dei poveri. Maria stessa disse a santa Brigida: « Tutto quello che potei avere, lo diedi ai poveri, riservando per me un po' di cibo e il vestito». Per amore della povertà non disdegnò di sposarsi con un semplice fabbro, san Giuseppe, e di sostentarsi con le fatiche delle sue mani, filando e cucendo, come attesta san Bonaventura. Parlando di Maria, l'angelo rivelò a santa Brigida: « Considerava le ricchezze terrene come fango ». Insomma visse sempre povera e povera mori, poiché morendo non si sa che avesse lasciato altro che due povere vesti a due donne che l'avevano assistita in vita, come riferiscono il Metafraste e Niceforo. « Chi ama le cose non diventerà mai santo », diceva san Filippo Neri. Santa Teresa aggiungeva: « E’ giusto che chi va dietro a cose perdute si perda anch'egli » lo, al contrario, diceva la stessa santa, la virtù della povertà è un bene che comprende tutti gli altri beni. «La virtù della povertà, scrive san Bernardo, non consiste solamente nell'essere povero, ma nell'amare la povertà ». Perciò Gesù disse: « Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli » (Mt 5,3). Beati, perché quelli che non vogliono altro che Dio, in Dio trovano ogni bene e trovano nella povertà il loro paradiso in terra, come lo trovò san Francesco nell'esclamare: « Dio mio e mio tutto». Amiamo dunque « quell'unico bene in cui sono tutti i beni », come esortava sant'Agostino. E preghiamo il Signore con sant'Ignazio: « Dammi soltanto il tuo amore con la tua grazia e sono ricco abbastanza ». Quando ci affligge la povertà, consoliamoci sapendo che Gesù e sua Madre sono stati poveri come noi. « O povero, dice san Bonaventura, ti puoi molto consolare pensando alla povertà di Maria e alla povertà di Cristo ». Madre mia santissima, avesti ben ragione di dire: « Il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore » (Lc 1,47), perché in questo mondo non ambisti e non amasti altro bene che Dio. Signora, staccami dal mondo e « attraimi dietro a te» (Ct 1,3 Volg.) per amare quell’Uno che solo merita di essere amato. Amen.

(da: Le glorie di Maria)

venerdì 24 giugno 2011

Corpus Domini

CORPUS DOMINI

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 6,51-58.

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.
Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».


« Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. »


Il Signore Gesù, fattosi per noi cibo di verità e di amore, parlando del dono della sua vita ci assicura che « chi mangia di questo pane vivrà in eterno ». Ma questa « vita eterna » inizia in noi già in questo tempo attraverso il cambiamento che il dono eucaristico genera in noi: « Colui che mangia di me vivrà per me ». Queste parole di Gesù ci fanno capire come il mistero « creduto » e « celebrato » possegga in sé un dinamismo che ne fa principio di vita nuova in noi e forma dell'esistenza cristiana. Comunicando al Corpo e al Sangue di Gesù Cristo, infatti, veniamo resi partecipi della vita divina in modo sempre più adulto e consapevole.

Vale anche qui quanto sant'Agostino, nelle sue Confessioni, dice del Logos eterno, cibo dell'anima: mettendo in rilievo il carattere paradossale di questo cibo, il santo Dottore immagina di sentirsi dire: « Sono il cibo dei grandi: cresci e mi mangerai. E non io sarò assimilato a te come cibo della tua carne, ma tu sarai assimilato a me ». Infatti non è l'alimento eucaristico che si trasforma in noi, ma siamo noi che veniamo da esso misteriosamente cambiati. Cristo ci nutre unendoci a sé; « ci attira dentro di sé ».

La Celebrazione eucaristica appare qui in tutta la sua forza quale fonte e culmine dell'esistenza ecclesiale, in quanto esprime, nello stesso tempo, sia la genesi che il compimento del nuovo e definitivo culto, « il culto spirituale ». Le parole di san Paolo ai Romani a questo proposito sono la formulazione più sintetica di come l'Eucaristia trasformi tutta la nostra vita in culto spirituale gradito a Dio: « Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale » (Rm 12,1).

Meditazione del giorno
Papa Benedetto XVI
« Sacramentum Caritatis » §70 © Libreria Editrice Vaticana

domenica 19 giugno 2011

Madonna del latte

Madonne del latte

(significato simbolico)


Nell'infinità di Madonne del latte si offrono: fra le ieratiche icone in cui il gesto dell'allattare sembra quasi rappresentato nel suo significato simbolico, più che nella sua immediatezza fisica, e le bellissime Madonne rinascimentali che allattano compiendo gli stessi gesti delle donne, con la stessa sollecitudine amorosa di una madre verso il suo piccolo. Ma in tutte è forte e presente la concretezza dell'amore materno, che si realizza nella gravidanza e nell'allattamento. Probabilmente nessuna altra immagine come quella dell'allattamento, che significa dare il proprio corpo da mangiare a un altro essere umano bisognoso, trasmette l'idea di completa donazione amorosa, e quindi si avvicina a quella che, nella tradizione cristiana, è la più alta donazione di sé: quella di Gesù che si immola per l'umanità peccatrice e che, come nell'ultima cena e nel sacramento eucaristico, offre il suo corpo e il suo sangue ai fedeli.

Al tempo stesso, l'allattamento costituisce una prova concreta dell'Incarnazione: Gesù è stato un bambino come gli altri, allattato da sua Madre. La sua divinità non esclude la sua umanità, anche negli aspetti più fragili che questa implica.

Per questo la tradizione iconografica cristiana prima, cattolica e ortodossa poi, non ha mai avuto remore a rappresentare senza veli una parte del corpo femminile dalle riconosciute valenze erotiche come il seno.

"Carità Romana"

Per rappresentare la Carità Romana, dopo le feroci critiche di Lutero e le invettive dei protestanti contro la città della corruzione e della dimenticanza di Dio, non si è trovata immagine più significativa che quella di una donna giovane e bella, che rappresenta la città di Roma, nell'atto di allattare un vecchio malato e ributtante. Qui l'esempio della donazione materna, così ben rappresentato dalla Vergine del latte, diventa eroismo supremo di carità che vince ogni ripugnanza, che affronta ogni sacrificio.

(tratto in parte da “L’osservatore Romano”2008)

venerdì 17 giugno 2011

Il pane che ci da forza

IL PANE CHE CI DA FORZA


Signore Gesù, un giorno hai detto: «Ho compassione di questa folla». Le tue parole manifestano una bontà che accoglie ogni uomo. Sorpassano i confini del luogo, i limiti del tempo, le circostanze delle persone presenti.Tu allora, hai beneficato quel popolo, nutrendolo con il pane moltiplicato; oggi, ripeti quel gesto, distribuendo pane eucaristico.

Il pane, dato a quella folla, doveva essere di sostentamento per il ritorno alle loro case nei lontani paesi; tu, oggi, porgi all'uomo te stesso, pane vivo disceso dal cielo, per il nutrimento delle anime in pellegrinaggio verso la Gerusalemme celeste.

Il cammino è arduo, le lotte lotte non mancano, il maligno non dà requie, i pericoli sono tanti... Abbiamo bisogno del tuo pane, o Signore, un pane che dia forza per continuare a camminare, come Elia nel deserto, come la folla affamata di Palestina, come i santi di tutti i tempi.

Con questo tuo pane santo affronteremo ogni difficoltà, eviteremo ogni pericolo, vinceremo ogni male, e la vita crescerà rigogliosa come un albero lungo il fiume.

Fèrmati, oggi, Signore, alla nostra mensa. Spezza il tuo pane dato per molti, perché la sera è sempre vicina e il tramonto giunge alla fine di ogni giorno.

lunedì 13 giugno 2011

Novena allo Spirito Santo


LA NOVENA DELLO SPIRITO SANTO
Sant’Alfonso Maria de Liguori


La novena dello Spirito Santo è fra tutte la principale, perché è stata celebrata dai santi apo¬stoli e da Maria SS. nel cenacolo, ed arricchita di tanti eccellenti prodigi e doni, e principal¬mente del dono dello stesso Spirito Santo, il qua¬le è un dono meritatoci da Gesù Cristo con la sua Passione. Così Gesù medesimo ci fece sape¬re, quando disse ai discepoli che se egli non mo¬riva non avrebbe potuto mandarci lo Spirito Santo (cfr. Gv 17,7). Ben sappiamo poi per fede che lo Spirito Santo è l'amore che si portano scambievolmente il Padre col Verbo Eterno, e perciò il dono dell'amore che dal Signore si di¬spensa alle anime nostre, e che è il più grande di tutti i doni, si attribuisce specialmente allo Spirito Santo, come parla s. Paolo: L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5,5). Pertanto conviene che in questa novena sopra tutto consideriamo i grandi pregi dell'amore di¬vino, affinché c'invogliamo di ottenerlo, ed at¬tendiamo con esercizi devoti, e specialmente con le preghiere, ad esserne partecipi, poiché Dio
l'ha promesso a chi umilmente lo chiede: Il Pa¬dre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiederanno (Gv 11,13).
(Una meditazione al giorno)


Primo giorno:
MEDITAZIONE 1

L'amore è fuoco che infiamma

Ordinò Iddio nell'antica Legge che al suo altare continuamente ardesse il fuoco. Dice S. Gregorio che gli altari di Dio sono i nostri cuori, dove egli vuole che sempre arda il fuoco del suo divino amore. E perciò l'Eterno Padre non contento di averci donato Gesù Cristo, suo figlio, affinché ci salvasse con la sua morte, volle donarci ancora lo Spirito Santo, affinché abitasse nelle anime nostre e le tenesse continuamente accese di carità. E Gesù medesimo si protestò che appunto per infiammare i nostri cuori di questo santo fuoco egli era ventuo in terra, e che altro non desiderava che di vederlo acceso (cfr. Lc 12,49). Pertanto egli, scordate le ingiurie e le ingratitudini ricevute in questa terra dagli uomini, salito in cielo, c'inviò lo Spirito Santo.
O Redentore amatissimo, dunque così nelle tue pene ed ignominie, come nelle tue glorie, tu sempre ci ami?
Quindi lo Spirito Santo volle apparire nel cenacolo in forma di lingue di fuoco (cfr. Atti 2,3).
E perciò la S. Chiesa ci fa pregare: Ti preghiamo, Signore, di infiammarci di quello Spirito che il Signore Gesù mandò sulla terra e volle che si accendesse fortemente. Questo poi è stato quel santo fuoco che ha acceso i santi a far grandi cose per Dio, ad amare i nemici, a desiderare i disprezzi, a spogliarsi di tutti i beni terreni e ad abbracciare con allegrezza anche i tormenti e la morte. L'amore non sa stare ozioso e non dice mai basta. Un'anima che ama Dio, quanto più fa per l'amato più desidera di fare, affm di dargli gusto e di più tirarsi il suo affetto. Questo santo fuoco si accende nell'orazione mentale (cfr. Sal 38,4). Se dunque desideriamo di ardere d'amore verso Dio, amiamo l'orazione; questa è la beata fornace dove si accende il divino ardore.



Affetti e preghiere
Mio Dio, sinora non ho fatto niente per te che hai fatto tante grandiose cose per me. Ohimè che la mia freddezza troppo ti incita a rifiutarmi! Deh! Spirito Santo, scalda ciò che è gelido. Liberami da questa mia freddezza, ed accendi in me un gran desiderio di darti gusto.
lo ora rinunzio ad ogni mia soddisfazione, e preferisco prima morire che darti un minimo dispiacere.
Tu comparisti in forma di lingue di fuoco, io ti consacro la mia lingua, affinché ella più non ti offenda. Oh Dio, tu me l'hai data per lodarti, ed io me ne son servito per oltraggiarti e tirare anche gli altri ad offenderti! Me ne dispiace con tutta l'anima mia. Deh per l'amore di Gesù Cristo che in sua vita tanto ti onorò con la sua lingua, fà che anche io da oggi innanzi ti onori sempre con recitar le tue lodi, con invocarti spesso in aiuto, e con parlare della tua bontà e dell'amore infinito che tu meriti.
Ti amo, mio sommo bene; ti amo, o Dio d'amore.
O Maria, tu sei la sposa più cara dello Spirito Santo: impetrami tu questo santo fuoco.



Secondo giorno:
MEDITAZIONE II
L'amore è luce che illumina

Uno dei maggiori danni che a noi recò il peccato di Adamo fu il renderci ottenebrata la ragione per mezzo delle passioni che offuscano la mente. Povera quell'anima che si fa dominare da qualche passione. La passione è un vapore, è un velo che non ci fa vedere più la verità. Come può fuggire il male chi non conosce ciò che è male? Tanto più cresce poi questa oscurità, quanto più crescono i nostri peccati. Ma lo Spirito Santo, che si chiama luce beatissima, è colui che con i suoi divini splendori non solo infiamma i cuori ad amare, ma di più dilegua le tenebre e fa a noi conoscere la vanità dei beni terreni, il valore dei beni eterni, l'importanza della salvezza, il pregio della grazia, la bontà di Dio, l'amore infinito ch'egli si merita e l'amore immenso che ci porta.
L'uomo naturale non comprende le cose dello Spirito (1 Cor. 2,14). L'uomo infangato nei piaceri della terra poco conosce queste verità, e perciò l'infelice ama quel che dovrebbe odiare e odia quel che dovrebbe amare. S. Maria Maddalena de' Pazzi esclamava: O amore non conosciuto, o amore non amato! E perciò diceva S. Teresa che Iddio non è amato perché non è conosciuto. Quindi i santi cercavano sempre a Dio luce: Manda la tua verità e la tua luce (Sal. 42,3); O mio Dio rischiara le mie tenebre (cfr Sal 17,29); Aprimi gli occhi (Sal. 118,18). Sì, perché senza luce non possono evitarsi i precipizi, né può trovarsi Dio.


Affetti e preghiere
O santo e divino Spirito, io credo che tu sei vero Dio, ma un solo Dio col Padre e col Figlio. Ti adoro e ti riconosco come il datore di tutti i lumi, con cui mi hai fatto conoscere il male che ho commesso in offenderti e l'obbligo che ho di amarti: te ne ringrazio e mi pento sommamente di averti offeso. lo meritavo che mi abbandonasti nelle mie tenebre, ma vedo che non mi hai abbandonato ancora. Continua, o Spirito eterno, ad illuminarmi ed a farmi sempre più conoscere la tua infinita bontà, e dammi la forza di amarti per l'avvenire con tutto il mio cuore. Aggiungi grazie a grazie, acciocché io resti dolcemente vinto e costretto a non amare altro che te. Te ne prego per i meriti di Gesù Cristo.
Ti amo, sommo mio bene, ti amo più di me stesso. lo voglio essere tutto tuo, accettami tu e non permettere che da te io più mi parta.
O Maria madre mia, assistimi sempre con la tua intercessione.



Terzo giorno:
MEDITAZIONE III
L'amore è acqua che sazia

L'amore si chiama anche fonte viva. Disse il nostro Redentore alla Samaritana: Chi beve dell'acqua che io gli darò non avrà mai più sete (Gv 4,13). L'amore è acqua che sazia; chi ama Dio di vero cuore non cerca né desidera niente più perché in Dio trova ogni bene. Per cui, contento di Dio, lieto va sempre dicendo: Dio mio, tu sei ogni mio bene. Perciò Dio si lagna di tante anime che vanno mendicando miseri e brevi diletti dalle creature e lasciano quello che è un bene infinito e fonte di ogni gaudio: Essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne screpolate, che non tengono l'acqua (Ger 2,13). Per tanto Dio che ci ama e desidera di vederci contenti, grida e fa sapere a tutti: Chi ha sete venga a me e beva (Gv 7,37). Chi desidera di essere beato venga a me, che io gli donerò lo Spirito Santo che lo renderà beato in questa e nell'altra vita: Chi crede in me. continua a dire, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno (Gv 7,38). Chi dunque crede ed ama Gesù Cristo sarà arricchito di tanta grazia, che dal suo cuore - il cuore, cioè la volontà, è il ventre dell'anima - sgorgheranno più fontane di sante virtù, che non solo gioveranno a conservar la vita sua, ma anche a dar la vita agli altri. Ed appunto quest'acqua era lo Spirito Santo, l'amore sostanziale che Gesù Cristo promise di mandarci dal cielo dopo la sua ascensione (cfr. Gv 7,39).
La chiave che apre i canali di quest'acqua beata è la santa preghiera che ci ottiene ogni bene in virtù della promessa che otterrete (Gv 16,24). Noi siamo ciechi, poveri e deboli, ma la preghiera ci ottiene luce, fortezza e ricchezze di grazia. Dicea Teodoreto che chi prega riceve quanto desidera. Iddio vuol darci le sue grazie, ma vuol essere pregato.


Affetti e preghiere
Signore, dammi di quest'acqua (Gv 4,15). Gesù mio, ti pregherò, colla Samaritana, dammi quest'acqua del tuo amore, che mi faccia scordare della terra per vivere solo a te, amabile infinito.
Bagna ciò che è arido. L'anima mia è la terra arida che non produce altro che sterpi e spine di peccati; deh innaffiala tu con la tua grazia, affinché renda qualche frutto di gloria a te prima di uscire da questo mondo con la morte.
O fonte d'acqua viva, o sommo bene, quante volte io ti ho lasciato per le pozzanghere di questa terra che mi hanno privato del tuo amore! Oh fossi morto e non ti avessi offeso! Ma per l'avvenire io non voglio cercare altro che te, mio Dio. Soccorrimi tu e fa' che io ti sia fedele.
Maria, speranza mia, tienimi sempre sotto il tuo manto.

Quarto giorno:
MEDITAZIONE IV
L'amore è rugiada che feconda

L'amore feconda i buoni desideri, i santi propositi e le opere sante delle anime: questi sono i fiori e i frutti che produce la grazia dello Spirito Santo.
L'amore si chiama anche rugiada perché tempera gli ardori degli appetiti malvagi e delle tentazioni. Perciò chiamasi anche lo Spirito Santo temperamento e dolce refrigerio nel calore. Questa rugiada scende nei nostri cuori nel tempo dell'orazione. Basta un quarto d'ora di orazione per sedare ogni passione di odio o di amor disordinato, per ardente che sia. Mi ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore (Ct 2,4). La santa meditazione appunto è questa cella ove si ordina l'amore, amando il prossimo come noi stessi e Dio sopra ogni cosa. Chi ama Dio ama l'orazione, e chi non ama l'orazione è moralmente impossibile che superi le sue passioni.

Affetti e preghiere
O santo e divino Spirito, io non voglio vivere più per me stesso; i giorni che mi restano di vita voglio spenderli tutti in amarti e compiacerti. Perciò ti prego di darmi il dono dell'orazione. Vieni tu nel mio cuore, ed insegnami a farla come si deve. Dammi fortezza di non tralasciarla per tedio in tempo di aridità; e dammi lo spirito di preghiera cioè la grazia di sempre pregarti e di farti quelle preghiere che sono più care al tuo divino Cuore.
Io ero perduto già per i peccati miei, ma vedo che tu, con tante finezze che mi hai usate, mi vuoi salvo e santo; ed io voglio farmi santo per darti gusto e per più amare la tua infinita bontà.
Ti amo, mio sommo bene, mio amore, mio tutto, e perché ti amo tutto a te mi dono.
O Maria speranza mia, proteggimi tu.

Quinto giorno:
MEDITAZIONE V
L'amore è riposo che ricrea

Chiamasi in oltre l'amore nella fatica, riposo; nel pianto, conforto. L'amore è riposo che ricrea; poiché l'ufficio principale dell'amore è di unire la volontà dell'amante con quella dell'amato. Ad un'anima che ama Dio, in ogni affronto che riceve, in ogni dolore che patisce, in ogni perdita che le capita, basta a rasserenarla il sapere che è volontà dell'amato che ella patisca quel travaglio. Con dir solamente: Così vuole il mio Dio, in tutte le tribolazioni trova pace e contento. Questa è quella pace che supera tutti i piaceri del senso. S. Maria Maddalena de Pazzi in dir solamente Volontà di Dio, si sentiva riempire di gaudio.
In questa vita ognuno ha da portar la sua croce; ma dice S. Teresa che la croce è dura a chi la strascina, non già a chi l'abbraccia. Così ben sa il Signore ferire e sanare, come disse Giobbe (cfr. Gb 5,18). Lo Spirito Santo, con la sua dolce unzione, rende dolci ed amabili anche le ignominie ed i tormenti. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te (Mt 11,26). Così dobbiamo dire in tutte le cose avverse che ci accadono: Così sia fatto, Signore, perché così è piaciuto a voi. E quando ci atterisce qualche timore di mal temporale che può avvenirci, diciamo sempre: Fate voi, mio Dio; quanto farete, tutto da ora l'accetto. E quindi giova come facea S. Teresa, offrirsi spesso durante il giorno a Dio.

Affetti e preghiere
Mio Dio, quante volte per far la mia volontà mi sono opposto alla volontà tua disprezzandola!
Mi dolgo di questo male più d'ogni altro male. Signore, io da oggi innanzi voglio amarti con tutto il mio cuore: Parla, o Signore, perché il tuo servo ti ascolta (1 Sam 3,10). Ditemi quel che volete da me, che io tutto voglio farlo. La vostra volontà sarà sempre l'unico mio desiderio, l'unico amore.
Aiuta tu, o Spirito Santo, la mia debolezza. Tu sei la stessa bontà, come io posso amare altra cosa che te? Deh, tira a te tutti gli affetti miei con la dolcezza del tuo santo amore. Io lascio tutto per darmi tutto a te. Accettami e soccorrimi.
O Madre mia Maria, in te confido.


Sesto giorno:
MEDITAZIONE VI
L'amore è la virtù che dà forza

Forte come la morte è l'amore (Ct 8,6). Siccome non vi è forza creata che resista alla morte, così non v'è difficoltà per un'anima amante, che non ceda all'amore. Quando si tratta di piacere all'amato, l'amore supera tutto, perdite, disprezzi e dolori. Niente è così dif icile da non esser vinto dal fuoco, come dice sant'Agostino. Questo è il contrassegno più certo per conoscere se un'anima veramente ama Dio: se è fedele nel suo amore così nelle cose prospere come nell'avverse.
Diceva S. Francesco di Sales che « Dio tanto è amabile quando ci consola come quando ci flagella, perché tutto fa per amore ». Anzi quando più ci flagella in questa vita, allora più ci ama. S. Gio. Grisostomo stimava più felice S. Paolo incatenato, che S. Paolo rapito al terzo cielo. Perciò i santi martiri, stando nei tormenti, giubilavano e ne ringraziavano il Signore, come della grazia più grande che a loro faceva dando loro di patire per suo amore. E gli altri santi, ove sono mancati i tiranni ad affliggerli, essi sono divenuti carnefici di loro stessi con le penitenze, per dar gusto a Dio. Dice S. Agostino che chi ama non fatica, e se fatica la stessa fatica è amata.

Affetti e preghiere
O Dio dell'anima mia, io dico che ti amo; ma poi che faccio per amor tuo? Niente. Dunque è segno che non ti amo o ti amo troppo poco. Mandami dunque, o Gesù mio, lo Spirito Santo, che venga a darmi forza di patire per tuo amore, e di far qualche cosa per te prima che mi giunga la morte. Deh non farmi morire, amato mio Redentore, così freddo ed ingrato come ti sono stato finora. Dammi vigore ad amare il patire, dopo tanti peccati che mi hanno meritato l'inferno.
O mio Dio tutto bontà e tutto amore, tu desideri di abitare nell'anima mia da cui tante volte ti ho discacciato; vieni, abita, possiedila e renditela tutta tua.
lo ti amo, o Signor mio, e se ti amo tu già stai con me, come assicura S. Giovanni: Chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui (1 Gv 4,16). Poiché dunque tu stai con me, accresci le fiamme, accresci le catene, acciocché io non brami, non cerchi, non ami altri che te, e così legato non abbia mai a separarmi dal tuo amore. lo voglio essere tuo, o Gesù mio, e tutto tuo.
O regina ed avvocata mia Maria, ottienimi amore e perseveranza.


Settimo giorno:
MEDITAZIONE VII
L'amore fa che Dio abiti nell'anima

Lo Spirito Santo si chiama dolce ospite dell'anima. Questa fu la grande promessa fatta da Ge¬sù Cristo a chi l'ama quando disse: Se voi mi amate, io pregherò il Padre, ed egli vi manderà lo Spirito Santo, acciocché abiti sempre con voi
(cfr. Gv 14,15-16).
Poiché lo Spirito Santo non abbandona mai un'anima, se non è da quella discacciato (Conc. di Trento 1.6, cap. 11).
Abita dunque Dio in un'anima che l'ama, ma si dichiara che non è contento se noi non l'amiamo con tutto il cuore. Scrive S. Agostino che il senato romano non volle ammettere Gesù Cristo nel numero degli dei, dicendo ch'egli è un Dio superbo che vuol essere solo ad essere adorato. E così è: egli non vuole compagni in quel cuore che ama, vuol essere solo ad abitarvi, solo ad essere amato. E quando non si vede solo ad es¬sere amato, invidia, per così dire, come scrive S. Giacomo, quelle creature che tengono parte di quel cuore ch'egli vorrebbe tutto per sé: Fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi (Gc 4,5). Perciò egli loda quell'anima che, come la tortorella, vive solitaria e nascosta dal mondo (cfr. Ct 1,9) perché non vuole che il mondo si prenda parte di quell'amore ch'egli desidera tutto per sé. Perciò ancora loda la sua sposa chiamandola Orto chiuso ad ogni amore di terra (cfr. Ct 4,12).
Forse Gesù non si merita tutto il nostro amore? Dice il Grisostomo che Gesù ti ha dato tutto il suo sangue e la vita, non gli resta più che darti.


Affetti e preghiere
Mio Dio, vedo che mi vuoi tutto per te. lo tante volte ti ho scacciato dall'anima mia, e tu non hai sdegnato di ritornare ad unirti con me. Deh, prendi ora possesso di tutto me stesso. Oggi a te tutto mi dono; accettami, Gesù mio, e non permettere che io abbia da vivere per l'avvenire neppure per un momento senza il tuo amore. Tu cerchi me, ed io non cerco altro che te. Tu vuoi l'anima mia, e l'anima mia non vuol altro che te. Tu mi ami, ed io ti amo; e giacché mi ami, legami con te, affinché da te io più non mi allontani.
O Regina del cielo, in te confido.


Ottavo giorno:
MEDITAZIONE VIII
L'amore è laccio che stringe

Siccome lo Spirito Santo, che è l'amore in¬creato, è laccio indissolubile che stringe il Padre col Verbo eterno, così unisce anche l'anima con Dio, secondo quanto dice sant'Agostino. S. Lorenzo Giustiniani esclamava: « Dunque, o amore, il tuo laccio ha tanta forza, che ha potuto legare un Dio ed unirlo alle anime nostre! ». I legami del mondo sono legami di morte, ma i legami di Dio sono legami di vita e di salute (cfr. Sir 6, 31). Sì, perché i legami di Dio, per mezzo dell'amore, ci uniscono con Dio che è la vera ed unica nostra vita.
Prima della venuta di Gesù Cristo fuggivano gli uomini da Dio ed, attaccati alla terra, ricusavano di unirsi col loro Creatore; ma l'amante Signore con legami d'amore li ha tirati a sé, come promise per mezzo del profeta Osea: Io li traevo con legami di bontà, con vincoli di amore (Os 11,4). Questi vincoli sono i suoi benefici, i lumi, le chiamate al suo amore, le promesse del paradiso, ma soprattutto è stato il dono che ci ha fatto di Gesù Cristo nel sacrificio della croce e nel Sacramento dell'altare, e per ultimo nell'averci dato lo Spirito Santo. Per tanto esclama il Profeta: Sciogliti dal collo i legami, schiava figlia di Sion (Is 52,2) : 0 anima, tu che sei creata per il cielo, sciogliti dai legami della terra, e stringiti a Dio col laccio del santo amore. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione (Col 3,14). L'amore è un vincolo che unisce seco tutte le virtù, e rende l'anima perfetta. Diceva S. Agostino: « Ama Dio, e fa quel che vuoi ». Sì, perché chi ama Dio procura di sfuggire ogni disgusto dell'amato, e cerca in tutte le cose di piacere all'amato.

Affetti e preghiere
Caro mio Gesù, troppo tu mi hai obbligato ad amarti, troppo ti è costato il procurarti l'amor mio; troppo ingrato io sarei, se ti amassi poco o dividessi il mio cuore fra le creature e te, dopo che tu mi hai dato il sangue e la vita. lo voglio staccarmi da tutto, e solo in te voglio mettere tutti gli affetti miei. Ma io sono debole ad eseguire questo mio desiderio; tu che me lo dai, dammi la forza di eseguirlo.
Ferisci, amato mio Gesù, il mio povero cuore col dardo del tuo amore, acciocché io sempre languisca per desiderio di te, e mi liquefaccia per amor tuo. Che io cerchi, brami e trovi sempre e solo te.
Gesù mio, te solo voglio e niente più. Fà che io lo replichi sempre in vita e specialmente nel punto di mia morte: Te solo voglio e niente più.
O Maria madre mia, fà che da oggi avanti io non voglia altro che Dio.


Decimo giorno:
MEDITAZIONE IX
Mezzi per amare Dio e farsi santo

Chi più ama Dio si fa più santo. Diceva S. Francesco Borgia che l'orazione introduce nel cuore umano l'amore divino; la mortificazione poi è quella che toglie dal cuore la terra e lo rende capace di ricevere quel santo fuoco. Quanto più di terra vi è nel cuore, tanto meno di luogo vi trova il santo amore. (lob. XXVIII, 12, 13). Perciò i santi hanno cercato di mortificare quanto più potevano l'amor proprio ed i loro sensi. I santi son pochi; ma bisogna vivere con i pochi se vogliamo salvarci con i pochi, come scrive S. Giovanni Climaco. E S. Bernardo dice che chi vuol fare vita perfetta bisogna che faccia vita singolare.
Prima di tutto però per farsi santi è necessario aver desiderio di farsi santi: desiderio e risoluzione. Alcuni sempre desiderano ma non mai cominciano a metter mano all'opera. « Di queste anime irresolute, dicea S. Teresa, non ha paura il demonio ». All'incontro diceva la santa che « Dio è amico delle anime generose ». Il demonio cerca di farci apparir superbia il pensare di fare grandi cose per Dio. Sarebbe superbia se noi pretendessimo farle confidando nelle nostre forze; ma non è superbia il risolverci di farci santi fidandoci di Dio e dicendo: Tutto posso in Colui che mi dà la forza (Fil 4,13).
Bisogna dunque farsi animo, risolversi e cominciare. La preghiera può tutto. Quel che non possiamo noi con le nostre forze, ben lo potremo con l'aiuto di Dio, il quale ha promesso di darci quanto noi gli cerchiamo (cfr. Gv 15,7).

Affetti e preghiere
Caro mio Redentore, tu desideri il mio amore e mi comandi di amarti con tutto il cuore. Sì, Gesù mio, con tutto il cuore io voglio amarti.
No, mio Dio, ti dirò confidando nella tua misericordia, non mi spaventano i miei peccati commessi, perché ora li odio e detesto sopra ogni male; e so che tu ti scordi delle offese di un'anima che si pente e ti ama. Anzi perché io più degli altri ti ho offeso, più degli altri ti voglio
amare, voglio farmi santo per darti gusto. Ti amo, bontà infinita. A te tutto mi dono. Tu sei l'unico mio bene, l'unico mio amore. Accettami, amor mio, e rendimi tutto tuo e non permettere che io ti dia più disgusto. Fà ch'io tutto mi consumi per te, come tu ti sei tutto consumato per me.
O Maria, o sposa la più amante dello Spirito Santo e la più amata, impetrami amore e fedeltà.

sabato 11 giugno 2011

martedì 7 giugno 2011

L'amore è acqua che sazia

L'amore è acqua che sazia



L'amore si chiama anche fonte viva. Disse il nostro Redentore alla Samaritana: Chi beve del­l'acqua che io gli darò non avrà mai più sete (Gv 4,13). L'amore è acqua che sazia; chi ama Dio di vero cuore non cerca né desidera niente più perché in Dio trova ogni bene. Per cui, con­tento di Dio, lieto va sempre dicendo: Dio mio, tu sei ogni mio bene. Perciò Dio si lagna di tante anime che vanno mendicando miseri e brevi di­letti dalle creature e lasciano quello che è un bene infinito e fonte di ogni gaudio: Essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne screpolate, che non tengono l'ac­qua (Ger 2,13). Per tanto Dio che ci ama e de­sidera di vederci contenti, grida e fa sapere a tutti: Chi ha sete venga a me e beva (Gv 7,37). Chi desidera di essere beato venga a me, che io gli donerò lo Spirito Santo che lo renderà beato in questa e nell'altra vita: Chi crede in me. con­tinua a dire, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno (Gv 7,38). Chi dunque crede ed ama Gesù Cristo sarà arricchito di tanta grazia, che dal suo cuore - il cuore, cioè la volontà, è il ventre dell'anima - sgorgheranno più fonta­ne di sante virtù, che non solo gioveranno a con­servar la vita sua, ma anche a dar la vita agli al­tri. Ed appunto quest'acqua era lo Spirito Santo, l'amore sostanziale che Gesù Cristo promise di mandarci dal cielo dopo la sua ascensione (cfr. Gv 7,39).

La chiave che apre i canali di quest'acqua beata è la santa preghiera che ci ottiene ogni bene in virtù della promessa che otterrete (Gv 16,24). Noi siamo ciechi, poveri e deboli, ma la preghiera ci ottiene luce, fortezza e ricchezze di grazia. Dicea Teodoreto che chi prega riceve quanto desidera. Iddio vuol darci le sue grazie, ma vuol essere pregato.

Affetti e preghiere
Signore, dammi di quest'acqua (Gv 4,15). Ge­sù mio, vi pregherò, colla Samaritana, datemi quest'acqua del vostro amore, che mi faccia scordare della terra per vivere solo a voi, ama­bile infinito.

Bagna ciò che è arido. L'anima mia è la terra arida che non produce altro che sterpi e spine di peccati; deh innaffiatela voi con la vostra gra­zia, affinché renda qualche frutto di gloria a voi prima di uscire da questo mondo con la morte.

O fonte d'acqua viva, o sommo bene, quante volte io ti ho lasciato per le pozzanghere di que­sta terra che mi hanno privato del tuo amore! Oh fossi morto e non ti avessi offeso! Ma per l'avvenire io non voglio cercare altro che te, mio Dio. Soccorrimi tu e fa' che io ti sia fedele.

Maria, speranza mia, tienimi sempre sotto il tuo manto.


S. Alfonso M. De Liguori)