giovedì 26 maggio 2011

martedì 24 maggio 2011

MAGNIFICAT

Il “Magnificat”: l’intima essenza di Maria

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L'anima mia magnifica il Signore * [5]
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,



perché ha guardato l'umiltà della sua serva. *
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente *
e Santo è il suo nome:

di generazione in generazione la sua misericordia *
si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio, *
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni, *
ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati, *
ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele, suo servo, *
ricordandosi della sua misericordia,

come aveva promesso ai nostri padri, *
ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.

Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito Santo.

Come era nel principio, e ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen. [6]



Leggendo il Magnificat, la preghiera più sublime di Maria, leggiamo nelle profondità della sua anima. Leggiamo quello che di lei, lei stessa, ha voluto farci conoscere.

L’anima mia magnifica il Signore Quanta bellezza in queste parole, in questa prima strofa, così belle che si potrebbero ripetere all’infinito senza mai stancarsi…l’anima mia magnifica il Signore! Maria ci rende partecipi della sua infinita sensibilità e spiritualità, la sua anima è così perfetta che magnifica il Signore e nello stesso tempo ne è magnificata, in una sorta di scambio spirituale. Il Signore ama tutte le anime allo stesso modo, ma quelle anime che si innalzano a Lui lo glorificano, lo magnificano perché l’amore è il canale principale di dialogo con Dio. L’anima di Maria era perfettamente sintonizzata su questo canale di comunicazione da cui riceveva Amore e da cui trasmetteva lo stesso sentimento.

Ognuno di noi magnifica il Signore quando ama, quando si offre, quando si rende piccolo, quando accetta, quando prega, quando si annulla completamente per amore. Maria amava in maniera totale e perfetta, la sua vita terrena è stata una continua ascesi verso l’amore e neanche sotto la croce del Figlio, molti anni dopo, smise d’amare. Anzi, in quell’ora terribile, fu lo stesso Gesù a fargli capire che era giunto il momento d’amare tutto l’universo, tutto il creato.

Maria non avrebbe potuto descrivere meglio la sua condizione spirituale; perché con una singola strofa, con una singola frase, mette alla luce la sua natura più nascosta. L’anima di Maria è talmente cristallina, talmente pura, che magnifica Dio; così come il capolavoro di un artista che magnifica l’artista stesso. Ma a differenza di un lavoro terreno, che rimane tale, quello di Maria è un lavoro spirituale che procede in una ben precisa direzione: il Cielo. Maria nella sua esperienza terrena compie un’ascesi spirituale unica, perfetta ed ininterrotta che le consente di salire verso le più alte vette dello Spirito.

Ognuno di noi è invitato a percorrere questo cammino, tremendamente difficile e doloroso; perché non esiste ascesi senza sofferenza, non esiste Luce senza tenebre. Il dolore purifica l’anima forgiandola come per un metallo impuro in un crogiolo alchemico. Dopo la prova del fuoco, della miseria, del dolore l’anima si distacca dalle proprie scorie, dalle proprie impurità che la legano ad altri elementi e ne pacano la perfezione ultima. Ecco che dal crogiolo, dopo il martirio del fuoco, si raggiunge quella perfezione altrimenti irraggiungibile. Maria, attraverso la sua esistenza, compie sulla propria persona questo cammino per divenire perfetta agli occhi del Signore. Molti potrebbero obiettare: ” …ma Maria era già perfetta, perché concepita immacolata!”. Sì, Maria era già perfetta, ma la prova è stata di mantenere durante la vita terrena la sua perfezione, per divenire un modello universale da imitare. Diceva sant’Agostino: ”Colui che ha fatto te senza di te non può salvare te senza di te!”. Aspirare alla perfezione o rimanere perfetti è sempre un atto di volontà.

Maria ha perseguito quest’ultimo fine, sempre. La sua partecipazione alla redenzione dell’umanità ha avuto inizio con il suo ” Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto “. Da quell’istante, per l’eternità, la sua strada e quella di Gesù non si separeranno mai.

Non penso sia molto lontano dalla realtà immaginare Dio come un cercatore d’oro accovacciato ai bordi di un fiume, il fiume della vita, che instancabilmente, con un setaccio, va alla ricerca delle preziose pagliuzze d’oro; quell’oro che aveva creato a sua immagine e somiglianza all’inizio della Creazione. Immaginarlo con le due mani immerse nel fango: la destra che rappresenta la mano di Gesù mentre la sinistra quella di Maria.

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché l’anima che raggiunge lo Spirito di Dio non può fare a meno di esultare. Maria, portando in seno il Figlio di Dio, era pienamente immersa nella Luce dello Spirito; portava Colui da cui tutto aveva avuto inizio e che si era degnato di degradarsi alla condizione umana per il più grande e misterioso evento della storia umana.

perché ha guardato l'umiltà della sua serva. La caratteristica più preminente di Maria è evidenziata dalle sue stesse parole: l’umiltà. Ella è stata una serva umile ed obbediente, la cui umiltà era resa ancora più grande dal suo silenzio interiore.

D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Perché alla luce dello Spirito aveva sentore delle grandi cose che ha fatto in lei l'Onnipotente. Infatti, da secoli Maria è chiamata beata e lo sarà, sempre, da tutte le generazioni.

e Santo è il suo nome: Maria avverte la grandezza del Signore Onnipotente più d’ogni altra creatura umana perché in lei è l’Onnipotente ed in lei opera incessantemente.

di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ecco un altro insegnamento di Maria: il timore di Dio. Avere sempre timore del Signore, non paura o terrore, perché Lui è Amore: TIMORE! Il timore nel Signore consente all’uomo di rendersi conto della grandezza del creatore, non gli permette di mancare in umiltà nei suoi confronti. Chi ha timore in Lui ottiene la Sua misericordia: questo ci dice Maria. Chi ha timor di Dio non compie mancanze nei Suoi confronti e più facilmente la Sua misericordia ricadrà sull’uomo, altrimenti ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, mentre ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Maria ci illumina sulla pedagogia divina: i superbi sono dispersi, i potenti rovesciati, i ricchi rimandati a mani vuote mentre sono innalzati gli umili e ricolmati di beni gli affamati. Comprendiamo come alcune qualità che il mondo apprezza (la superbia, la ricchezza) non siano prese in considerazione dal Cielo. Dio non guarda alla ricchezza accumulata in opere terrene ma a quella ricchezza accumulata in opere spirituali, non guarda alla superbia ma all’umiltà, ai poveri, agli affamati. Dio guarda a quelle pagliuzze d’oro che aveva creato.

Il Magnificat termina ricordandoci che Dio mantiene sempre le sue promesse, perché Egli ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.”
(dal sito Maria di Nazareth)

sabato 7 maggio 2011

GESU' RISORTO APPARE AGLI APOSTOLI

I DISCEPOLI DI HEMMAUS


Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 24,13-35.

Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus,
e conversavano
di tutto quello che era accaduto.
Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.
Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo.

Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste;
uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?».
Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo;
come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso.
Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute.
Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro
e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo.
Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto».
Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!
Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?».
E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano.
Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno gia volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro.
Allora si apr
irono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.
Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?».
E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro,
i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone».
Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.


*****
La scena di Emmaus è un capolavoro di catechesi liturgica e missionaria. Vi è descritto l’itinerario di due discepoli che lasciano Gerusalemme illusi e delusi e vi ritornano per ripartire gioiosi e fiduciosi verso la testimonianza, perché sono stati incontrati dal Crocifisso-Risorto, spiegazione di tutta la Scrittura e presenza perenne tra i suoi nel sacramento del “pane spezzato”.
L’inizio del cammino è un allontanarsi dal Crocifisso. La crisi della croce sembra aver seppellito ogni speranza. Colui che l’ha fatta nascere, l’ha portata con sé nella tomba. Non bastano voci di donne per farla rinascere. Gesù raggiunge i due subito a questo inizio e chiede di spartire con loro domande e scandalo.
Ecco la prima tappa, quella del problema posto ad ogni persona dall’evento Gesù, il Crocifisso.
L’appello di Cristo ci raggiunge sulla strada della nostra fede incompiuta e della sua domanda.
Gesù non arriva di faccia, ma da dietro, come dice il testo greco, e cammina a fianco, da forestiero.
Il passaggio al riconoscimento ha bisogno della spiegazione delle Scritture. Solo il Risorto ne è l’interprete adeguato.
Il cuore riscaldato e riaperto dal segno della Parola spiegata implora il viatico di un segno più intimo, quello del pane spezzato. Gesù, però, sparisce.
La Chiesa non può trattenere Gesù nella visibilità storica di prima. Deve sapere e credere che egli è vivo con lei e la vivifica nell’Eucaristia. I discepoli capiscono e tornano a Gerusalemme per condividere con gli apostoli la testimonianza.
Emmaus è un capolavoro di dialogo confortante. Emmaus assicura tutti che, quando ascoltano la Scrittura nella liturgia della Parola e partecipano allo spezzare del pane nella liturgia eucaristica, sono realmente incontrati da Cristo e ritrovano fede e speranza.


"Resta con noi"



Alla richiesta dei discepoli di Emmaus che Egli rimanesse «con» loro, Gesù rispose con un dono molto più grande: mediante il sacramento dell'Eucaristia trovò il modo di rimanere «in» loro. Ricevere l'Eucaristia è entrare in comunione profonda con Gesù. « Rimanete in me e io in voi » (Gv 15,4). Questo rapporto di intima e reciproca « permanenza » ci consente di anticipare, in qualche modo, il cielo sulla terra. Non è forse questo l'anelito più grande dell'uomo? Non è questo ciò che Dio si è proposto, realizzando nella storia il suo disegno di salvezza? Egli ha messo nel cuore dell'uomo la « fame » della sua Parola (cfr Am 8,11), una fame che si appagherà solo nell'unione piena con Lui. La comunione eucaristica ci è data per « saziarci » di Dio su questa terra, in attesa dell'appagamento pieno del cielo.

Ma questa speciale intimità che si realizza nella « comunione » eucaristica non può essere adeguatamente compresa né pienamente vissuta al di fuori della comunione ecclesiale... La Chiesa è il corpo di Cristo: si cammina « con Cristo » nella misura in cui si è in rapporto « con il suo corpo ». A creare e fomentare questa unità Cristo provvede con l'effusione dello Spirito Santo. E Lui stesso non cessa di promuoverla attraverso la sua presenza eucaristica. In effetti, è proprio l'unico Pane eucaristico che ci rende un corpo solo. Lo afferma l'apostolo Paolo: « Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane » (1Cor 10,17).


Meditazione del giorno
Beato Giovanni Paolo II (1920-2005), papa
Lettera Apostolica « Mane nobiscum Domine » §19-20 - Copyright © Libreria Editrice Vaticana