giovedì 24 settembre 2009

Perchè quel PANE non diventi veleno

PERCHE’ QUEL PANE NON DIVENTI VELENO

di Don Enzo Boninsegna

Dopo aver riflettuto in questi giorni sulla fame di Dio che è presente in ogni uomo, ne sia cosciente o no; dopo aver meditato sul prezzo altissimo che Gesù ha pagato per guadagnare per noi il Pane di vita eterna; dopo aver considerato il valore infinito, la ricchezza immensa che è racchiusa in quel Pane, vedremo oggi come ci dobbiamo accostare a quel Pane, perché da Pane di vita non si trasformi per noi in veleno di morte.
Non sto esagerando: l’Eucaristia può trasformarsi davvero in un veleno mortale per le nostre anime. Non è un’opinione mia, ma è l’apostolo San Paolo che lo afferma quando dice: ˝Chi mangia il Corpo del Signore indegnamente, mangia la propria condanna˝ (cfr. 1 Cor 11, 29).
Queste dure parole di San Paolo non si riferiscono alle volontarie e diaboliche profanazioni dell’Eucaristia che si compiono nelle Messe Nere. Nelle due parrocchie in cui ho svolto il mio ministero sacerdotale, si è compiuta la tragedia del furto dell’Eucaristia. Queste cose avvengono perché gli adoratori di Satana, che credono nella presenza reale di Gesù nel Pane Consacrato, come ci crede il demonio, vogliono presente nelle loro messe sacrileghe il Corpo del Signore per poterlo profanare. Di queste miserie umane, che avvengono anche a Verona e più spesso di quanto non si pensi, ne ha parlato recentemente anche la stampa locale.


COMUNIONI SACRILEGHE
Ma non è a queste miserie che si riferisce San Paolo; non parla di chi, spinto da odio raffinato e satanico verso il Signore, profana volontariamente l’Eucaristia; parla invece di chi la profana quasi senza rendersene conto, facendo la Comunione in peccato mortale e quindi compiendo un sacrilegio.
Qualcuno penserà: se non si rendono conto di essere in peccato mortale è perchè sono in buona fede, e se sono in buona fede non fanno alcun male a ricevere la Comunione e quindi non commettono sacrilegio.
Questo discorso è vero solo per chi, senza sua colpa, per una semplice dimenticanza, non si è accusato in Confessione di qualche peccato mortale, ma in cuor suo ha un dolore sincero per tutti i suoi peccati, anche per quelli eventualmente dimenticati.
Chi invece “ha deciso”, accecato dall’orgoglio, che certi peccati mortali non sono peccati; … chi “ha decretato” che i Comandamenti non sono più dieci, ma qualcuno di meno, almeno per lui, perché lui è un privilegiato che ha diritto allo sconto sulla Legge di Dio; … chi cancella i Comandamenti scomodi, considerandoli ormai superati, per fare tranquillamente i suoi porci comodi senza rimorsi … se fa la Comunione pecca gravemente, perché profana il Corpo del Signore e quindi mangia la sua condanna.
Sentite cosa scrive San Giovanni Bosco, che di anime se ne intendeva: “Scrivo con le lacrime agli occhi e con la mano tremante e vi dico: molti vanno all’inferno per le Confessioni malfatte”.
Io sono prete da diciassette anni, quindi un po’ di esperienza l’ho fatta e in forza di questa esperienza mi sento di sottoscrivere in pieno le parole di San Giovanni Bosco.
Solo vorrei aggiungere che dove ci sono Confessioni malfatte ci sono anche Comunione malfatte e sono appunto le comunioni sacrileghe, assieme alle Confessioni sacrileghe, a spedire molti cristiani all’inferno. Fa parte della strategia tentatrice del diavolo sia il tener lontani dalla Comunione quelli che potrebbero farla, come pure e più ancora, il portare alla Comunione quelli che non dovrebbero farla perché non sono in grazia di Dio.

Se l’Eucaristia è il dono più grande che Dio ha dato agli uomini, si può con certezza affermare che i peccati contro l’Eucaristia sono i peccati più gravi che l’uomo possa compiere.
Val la pena perciò che oggi riflettiamo seriamente per non correre il rischio, anche noi, di peccare contro l’Eucaristia e quindi di mangiare, con il Corpo del Signore, anche la nostra condanna.
Cosa fare perché le nostre Comunioni siano sempre incontri di amore con il Signore Gesù e quindi sorgente di Grazia per le nostre anime? Ce lo insegna il Vangelo con la parabola del figlio prodigo.

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