venerdì 6 aprile 2012

Venerdì Santo


              
                VENERDI' SANTO - In Passione Domini

La più grande lezione che Gesù ci dà nella passione, consiste nell’insegnarci che ci possono essere sofferenze, vissute nell’amore, che glorificano il Padre.
Spesso, è la “tentazione” di fronte alla sofferenza che ci impedisce di fare progressi nella nostra vita cristiana. Tendiamo infatti a credere che la sofferenza è sempre da evitare, che non può esserci una sofferenza “santa”. Questo perché non abbiamo ancora sufficientemente fatto prova dell’amore infinito di Dio, perché lo Spirito Santo non ci ha ancora fatto entrare nel cuore di Gesù. Non possiamo immaginarci, senza lo Spirito Santo, come possa esistere un amore più forte della morte, non un amore che impedisca la morte, ma un amore in grado di santificare la morte, di pervaderla, di fare in modo che esista una morte “santa”: la morte di Gesù e tutte le morti che sono unite alla sua.
Gesù può, a volte, farci conoscere le sofferenze della sua agonia per farci capire che dobbiamo accettarle, non fuggirle. Egli ci chiede di avere il coraggio di rimanere con lui: finché non avremo questo coraggio, non potremo trovare la pace del suo amore.
Nel cuore di Gesù c’è un’unione perfetta fra amore e sofferenza: l’hanno capito i santi che hanno provato gioia nella sofferenza che li avvicinava a Gesù.
Chiediamo umilmente a Gesù di concederci di essere pronti, quando egli lo vorrà, a condividere le sue sofferenze. Non cerchiamo di immaginarle prima, ma, se non ci sentiamo pronti a viverle ora, preghiamo per coloro ai quali Gesù chiede di viverle, coloro che continuano la missione di Maria: sono più deboli e hanno soprattutto bisogno di essere sostenuti.




«Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici»

        L'amore di Dio per noi è ben più grande di quello di un padre. Lo provano queste parole del Salvatore, nel Vangelo: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito per la vita del mondo» (Gv 3,16). E l'apostolo Paolo dice ancora: «Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?» (Rom 8,32). Perciò Dio ci ama più di quanto un padre ami suo figlio. E' evidente che Dio ci ama oltre l'affetto paterno, lui che, per noi, non ha risparmiato suo Figlio – e che Figlio! Quel Figlio giusto, quel Figlio unico, quel Figlio che è Dio. Possiamo dire di più? Sì! E' per noi, cioè per degli empi, dei peccatori, che egli non l'ha risparmiato...


Cristo ha preso su di sè i nostri peccati per donarci la vita

        Per questo l'apostolo Paolo, per significare, in certa misura, l'immensità della misericordia di Dio, si esprime così: «Mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto» (Rom 5,6-7). Chiaramente, con questo solo passaggio ci mostra l'amore di Dio. Poiché se difficilmente si morirebbe per un uomo giusto, Cristo ha provato quanto era più grande, morendo per noi che siamo peccatori. Ma perché il Signore ha agito così? L'apostolo Paolo ce lo spiega subito con ciò che segue: «Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui» (v. 8-9).

        La prova che ne dà è che è morto per i peccatori: un beneficio ha più valore quando è dato a chi non ne è degno... Poiché, se l'avesse dato a santi e uomini meritevoli, egli non avrebbe dimostrato che è colui che dà ciò che non si dovrebbe dare, ma si sarebbe mostrato come colui che si limita a rendere ciò che è dovuto. Cosa gli renderemo noi per tutto ciò?

 Meditazione del giorno
Salviano di Marsiglia (400 ca-480 ca), sacerdote
De Gubernatione Dei
 

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