lunedì 13 dicembre 2010

AVVENTO

La tragicità della storia del Natale

Presto sarà Natale. Le luci dell'albero di Natale e le vecchie canzoni che risuonano davanti al presepio o alla radio, vi ricorderanno la storia indimenticabile di Maria e Giuseppe, i quali, per il capriccio di un imperatore, attraverso strade impraticabili, si recarono d'inverno a Betlemme, dove per loro non ci fu posto nelle locande. In questo modo è cominciata la storia della nostra salvezza.

La nostra salvezza è stata pagata cara, non soltanto sul Golgota, ma anche a Betlemme. Il canto degli angeli, la bontà dei pastori e la fede dei Magi non devono farci mai dimenticare la tragicità che ci è tramandata dal racconto natalizio. La tragicità delle porte e dei cuori sbarrati. Lo scandalo della inospitabilità e della stalla nella quale è nato il Signore. L'odio di Erode che nel Bambino indifeso scorgea un pericolo per il suo potere. La paura di Maria e Giuseppe quando appresero all'improvviso che dovevano fuggire a rotta di collo, di notte, da un nascondiglio all'altro, oltre confine, mentre dietro di loro cresceva il rantolo dei bambini innocenti moribondi e il pianto disperto che le loro madri innalzavano al cielo. Il resto ce lo possiamo immaginare: l'arrivo in Egitto, il faticoso avvio in una terra straniera, le difficoltà con la lingua, gli interrogatori della polizia, la diffidenza, la lunga strada da un ufficio all'altro e da un funzionario all'altro, le formalità per il permesso di soggiorno e di lavoro...Chi assume volentieri un lavoratore straniero, che ha passato illegalmente il confine con la moglie e il figlio?
Gesù, Maria e Giuseppe sono stati i primi profughi dell'era cristiana. Innumerevoli altri hanno dovuto, più tardi, condividere la loro sorte. Dalla notte, nella quale l'angelo svegliò Giuseppe e gli ordinò di fuggire in Egitto con il bambino e sua madre, il mondo è pieno di profughi e di perseguitati, nei quali Cristo implora amore e assistenza. E come allora i pastori portano al Bambino Gesù formaggio o latte o il caldo vello di una percora, e come lungo la strada verso l'Egitto ci furono persone di buon cuore che aiutarono la Sacra Famiglia, così noi abbiamoo il dovere di assistere il Cristo perseguitato dei nostri giorni dappertutto dove Egli soffre nei più piccoli dei suoi fratelli.
Il Natale è più di una festa di famiglia con l'albero, le candele, la schiera degli angeli e il tacchino arrosto sulla tavola.

E' la venuta di Cristo in un mondo freddo, scuro ed irredento. Senza dubbio non ci è proibito di celebrare con la gioia dei redenti l'incarnazione di Dio anche mediante un banchetto. Ma non dobbiamo dimenticare l'essenziale: che Cristo vuole diventare nuovamente uomo nella sua Chiesa e in ciascuno di noi, affinchè noi facciamo risplendere il suo volto, la sua bontà, la sua misericordia e la sua premura nelle tenebre del nostro tempo.

(Werenfried Van Straaten)

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